Sant'Agrippina | |
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Vergine e Martire | |
Nascita | 243 |
Morte | 23 giugno 258 |
Ricorrenza | 17 maggio 23 giugno |
Patrona di | Mineo |
Agrippina (243 – 23 giugno 258) è stata una santa romana.
Agrippina nacque nel 243 da una nobile famiglia cristiana. Il 23 giugno del 258 sotto il regno dell'imperatore Valeriano, fu martirizzata. Venne torturata in varie maniere: percossa con nodosi bastoni, flagellata, quasi soffocata sotto un grosso masso e messa sull'eculeo, fino alla decapitazione.
Il suo corpo fu sepolto a Roma nel cimitero di San Paolo fuori le mura. In seguito fu traslato in Sicilia da tre fanciulle: Bassa, sorella di Agrippina, Paola ed Agatonica. Il corpo della santa giunse a Mineo via Agrigento in contrada Lamia (Grotta di Sant'Agrippina), un luogo infestato da demoni fino all'arrivo delle sacre spoglie. In seguito venne portato in città ad opera della matrona romana Eupresia. Era il 17 maggio del 263.
Il primo evento miracoloso si verifica proprio nella casa della nobile Eupresia: la figlia Teogonia, paralitica, viene prodigiosamente guarita. Secondo la tradizione le spoglie di Sant'Agrippina vennero occultate sotto la chiesa a lei dedicata.
Agrippina è venerata a Mineo, dove la chiesa dedicata conserva una statua lignea della santa, degli inizi del XVI secolo, e attribuita a Giacomo de li Matinati o a Vincenzo Archifel. Il culto è attestato poi a Militello in Val di Catania, Ferla, Scicli, Nicosia, Enna, Palermo.
Fuori dai confini italiani il suo culto si incontra in ambito ortodosso (Grecia, Romania, Russia), ma anche a Boston negli Stati Uniti e a Rosario in Argentina, dove è stato importato dagli emigrati menenini.
Agrippina è venerata in modo particolare:
Gli attributi della santa sono: la croce, la palma, il Vangelo, il castello, la testa dell'imperatore Valeriano ai piedi, un demone incatenato.
Ducitur, per sociashac Aggrippina Menonem.
Invida Martirij neutra Virgo desit.»
In urna ignota le reliquie belle
di te giaccino Martire Agrippina
per voluntà divina
nel menino monte
che la gemina fronte
erge superbo al regno de le stelle.
Hor più ignota non sei, sei nota al mondo
di genitor giocondo
dei Colonnesi invitti eccelsa prole,
ogni superba mole
vien per tua virtù atterrita, e fratta
ed ogni mete nelle tue glorie, e estratta.»
Si è fatta menzione di questa Traslatione: poiché da esse ci son venute a notizia varie memorie di Persone, che a quell'età fiorivano in santità di Vita, e l'espulsione de' Demonj , che si erano impossessati dell'orrida spelonca di Drafone, oggi detta Grotta della Lamia, poche miglia distante dalla Gioconda Città dì Mineo, sotto il Monte di Catalfaro, a cui sovrastava la Città di Erice Mediterranea. Dall'Istoria della medesima Traslazione si pruova pure, che in que' tempi si era già propagata in Sicilia la Vita Monastica ancor fra le Donne (intrapresa molt'anni prima) poiché la Beata Eupresia; della quale si fa memoria in quelli Atti, vestìtasi dell'Abito Monastico, resa la pace alla Chiesa , prese ad abitare nella Chiesa di S. Agrippina, da lei fabbricata, colla Beata Tegonia fua Figlia.»
che il corpo della martire fu recato a Cartagine. Ma ciò non impedisce che anche a Girgenti non sia oggetto di venerazione una sua pianella lasciatavi, dicesi, come ricordo del mortuario viaggio. La particolarità più curiosa del giorno della festa è la costante osservazione che fa il popolo d'un visibile cangiamento di colore sulla fisionomia della statua, e della impreteribile apparizione di una mosca che va a posarle sul naso e credesi da molti sia l'anima della Santa. Ma non sarà malizia l'osservare che la solennità succede in luglio, e che il caldo, il legno, e la vernice forse entrano per qualche cosa in cotesto miracolo. Come saggio di costumi, voglio qui accennare che negli anni addietro sparì il castello d'argento massiccio che la statua portava sulla mano sinistra, simbolo del patronato di quella città, che possiede le ruine d'una fortezza greco-sicula, e i canonici della chiesa non hanno saputo far tacere la voce pubblica che li accusa quali autori di tale mancanza. La devozione di Santa Agrippina, fra quella popolazione riputatissima in tutta Sicilia come una popolazione di poeti, dà origine ad un uso che non ismentisce la fama. Ad un miglio e mezzo dalla città trovasi una roccia chiamata ancora col vetusto nome di Lamia, ove, narra la leggenda, abitavano i diavoli prima che Santa Agrippina non arrivasse a scacciarneli. Grotte spaziosissime, scavate in quei fianchi massicci, vengono al giorno d'oggi additate per il palazzo infernale d'un tempo, e il loro aspetto affumicato e privo di luce conferma nelle fantasie volgari la narrazione. Solo forse grotte trogloditiche, come se ne veggono anche sulla cresta dell'Erice lì presso, ove trovansi pure i resti d'un edificio greco somigliante ad un bagno. L'immagine del popolo non sa contemplare quegli antichi ruderi senza vivificarli con un alito di poesia. Le grotte trogloditiche dell'Erice hanno ricevuto quindi una leggenda loro particolare, e quella chiamata la Grotta dalle sette porte dicesi contenga un immenso tesoro incantato, alla guardia del quale veglia un mercante cogli abiti rossi. Parecchi contadini hanno creduto vederlo, e qualcuno afferma anche di avergli parlato in certe ore della notte. La grotta della Lamia al presente è trasmutata in un meschinissimo santuario, con un povero altare di pietra ed un misero quadro che raffigura la Santa. Un eremita, che non è legato da alcun voto religioso, coltiva i campi annessi al romitorio, e provvede al culto. Qualche volta i silenzi di quella poetica vallata vengono interrotti da rosari recitati ad alta voce, uniti ad acutissime e prolungate grida di evviva!»
A questa conclusione era arrivato con la scorta d'un antico leggendario di Santa Agrippina. Ed era lieto e soddisfatto di una pagina che aveva trovato modo d'inserire nell'arida discussione topografica, per descrivere il viaggio delle tre vergini Bassa, Paola e Agatonica, che avevano recato per mare da Roma il corpo della santa martire dell'imperatore Valeriano. Non era dubbio che le tre vergini fossero approdate col corpo della santa alla spiaggia agrigentina, in un luogo detto Lithos in greco e Petra in latino, quello stesso oggi chiamato Petra Patella, o Punta Bianca.»