Ali ibn Isa al-Kahhal

ʿAlī ibn ʿĪsā al-Kaḥḥāl, soprannominato "l'Oculista" (al-Kaḥḥāl) (fl. 1010), è stato un medico arabo molto rinomato in oftalmologia e oculistica. Era noto nell'Occidente latino medievale come Jesu ben Haly o Ihesu filii Haly.

Discepolo del medico Abū l-Faraj b. al-Ṭayyib (che operò a Baghdad e che era apprezzato commentatore di Galeno), professava come lui la fede cristiana.
Compose il famoso Memorandum degli oculisti (Tadhkirat al-kaḥḥālīn), dove per la prima volta nella letteratura si parla di chirurgia oculistica,[1] diventando immediatamente una pietra miliare nel campo dell'oftalmologia islamica ma anche di quella del mondo medievale di cultura latina.

Ibn ʿĪsā è considerato uno dei medici più geniali del X secolo. Il suo Taccuino degli oculisti forniva preziose indicazioni tratte da fonti greco-romane e arabe. Tra gli autori citati figurano infatti Ḥunayn b. Isḥāq, Galeno, gli alessandrini, Dioscoride, Ippocrate, Oribasio e Paolo di Egina.

Il libro affrontava efficacemente la classificazione e la terapia di oltre un centinaio di differenti patologie dell'occhio, descrivendone con precisione straordinaria gli aspetti anatomici.
Il Memorandum degli oculisti fu ampiamente usato dagli oculisti europei per vari secoli. Il libro di ʿAlī ibn ʿĪsā fu uno dei primi, assieme ai Dieci trattati sull'occhio di Hunayn ibn Ishaq, a illustrare l'anatomia dell'occhio. In particolare, Ibn ʿĪsā illustrò il Chiasma ottico.[2]

Ibn ʿĪsā fu il primo a descrivere e a suggerire un trattamento per una serie di malattie. Ad esempio, è stato il primo a scoprire i sintomi della sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada (VKH), un'infiammazione oculare associata a uno sbiancamento di capelli, sopracciglia e ciglia.[3] Ibn ʿĪsā fu anche il primo a classificare l'epifora come conseguenza di una cauterizzazione troppo forte del pterigio. In aggiunta a questa descrizione pionieristica, Ibn ʿĪsā ha anche suggerito trattamenti per l'epifora in base allo stadio della malattia, suggerendo per le prime fasi di usare materiali astringenti, come il sale.[4]

ʿAlī ibn ʿĪsā è stato anche il primo a descrivere l'arterite temporale.[5]

  1. ^ F. Peters, Allah's Commonwealth: a history of Islam in the Near East, 600-1100 A.D., Simon and Schuster, 1973, p. 391.
  2. ^ Daren Lin, “A Foundation of Western Ophthalmology in Medieval Islamic Medicine”, in: University Of Western Ontario Medical Journal 78, 1, (2008), pp. 41-45 Copia archiviata (PDF), su uwomeds.com. URL consultato il 14 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 17 luglio 2011).
  3. ^ I. Paredes, M. Ahmed, C.S. Foster, "Immunomodulatory therapy for Vogt-Koyanagi-Harada patients as first line therapy", Ocul Immunol Inflamm. 14 (2006), pp. 87–90 http://informahealthcare.com/doi/pdf/10.1080/09273940500536766?cookieSet=1
  4. ^ W. Hirst Lawrence, "The treatment of pterygium", su: Survey Ophthalmol. 48 (2003), pp. 145-80. https://www.sciencedirect.com/science?_ob=ArticleURL&_udi=B6TCC-488TSSV-2&_user=1022551&_coverDate=04%2F30%2F2003&_rdoc=1&_fmt=high&_orig=search&_sort=d&_docanchor=&view=c&_searchStrId=1239443810&_rerunOrigin=scholar.google&_acct=C000050484&_version=1&_urlVersion=0&_userid=1022551&md5=2f3799a469b803cd854a7a5ed71f7348
  5. ^ E. Baum, W.M. Sams, R. Payne, "Giant cell arteritis: a systemic disease with rare cutaneous manifestations", su: Journal Am. Acad. Dermatol. 6 (1982), pp. 1081–1088 https://www.sciencedirect.com/science?_ob=MImg&_imagekey=B6WM8-4T2D39R-K-1&_cdi=6928&_user=1022551&_pii=S0190962282700945&_orig=search&_coverDate=06%2F30%2F1982&_sk=999939993&view=c&wchp=dGLzVlz-zSkWz&md5=b9db0bc87c935a8276321df70c7c985a&ie=/sdarticle.pdf
  • J. Hirschberg, J. Lippert e E. Mittwoch, Die arabischen Augenaerzte nach den Quellen bearbeitet, Lipsia, 1904, vol. I.
  • Lemma «ʿAlī ibn ʿĪsā» (E. Mittwoch), su: The Encyclopaedia of Islam, 2nd edition (riproposizione della voce della prima edizione).

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