Basilica di San Lorenzo in Lucina | |
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Facciata | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Località | Roma |
Indirizzo | Piazza di S. Lorenzo in Lucina, 6, 00186 Roma RM |
Coordinate | 41°54′12.3″N 12°28′43.18″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | San Lorenzo diacono e martire |
Diocesi | Roma |
Consacrazione | 26 maggio 1196 da papa Celestino III |
Fondatore | papa Sisto III |
Architetto | Cosimo Fanzago (restauro del XVII secolo)
Andrea Busiri Vici (restauro del XIX secolo) |
Stile architettonico | romanica, barocco |
Inizio costruzione | prima metà del V secolo |
Completamento | 1856 - 1858 |
Sito web | Sito ufficiale |
San Lorenzo in Lucina è una basilica di Roma sita nel Rione Colonna, non lontano da Palazzo Montecitorio.
La basilica di San Lorenzo in Lucina sorse nel IV secolo, secondo la tradizione, sulla residenza dell'omonima matrona romana. La domus fu consacrata a luogo di culto ufficiale nell'anno 440 da papa Sisto III, per essere poi ricostruita sotto papa Pasquale II fino al completamento nel 1130. Verso la metà del XVII secolo, l'interno fu completamente trasformato da Cosimo Fanzago, che trasformò la chiesa a navata unica e ridusse le navate laterali a cappelle, divenute poi gentilizie e concesse a varie famiglie. Un ulteriore restauro fu condotto nella seconda metà del XIX secolo, durante il quale furono rimosse, per ordine di Pio IX, le decorazioni barocche della navata e sostituite dagli affreschi di Roberto Bompiani che si vedono tuttora (2012); fu risparmiato soltanto il pulpito che rimase in loco.
Nel novembre del 1908 papa Pio X la elevò al rango di basilica minore.[1]
La facciata della chiesa presenta ampio portico, decorato da sei colonne in granito, con capitelli e basi, sormontate da un architrave realizzata da un enorme colonna antica scanalata. Alla sua destra, in posizione arretrata, s'innalza un campanile romanico a cinque ordini. Nella parte centrale della facciata, sotto il timpano triangolare, vi sono al centro il rosone e, ai suoi lati, due finestre rettangolari barocche.
La basilica, che originariamente si presentava nel suo interno a tre navate, oggi è a navata unica con quattro cappelle per lato che conducono all'altare maggiore, su cui vi è la tela del Crocifisso di Guido Reni. La sua composizione oggi è data per proporre al fedele un percorso teologico spirituale, attraverso tre itinerari specifici:
Tra le cappelle laterali si segnalano il settecentesco battistero, opera di Giuseppe Sardi, e la cappella Fonseca, disegnata da Gian Lorenzo Bernini, con il busto marmoreo del committente, opera dello stesso Bernini. Nella cappella di San Carlo Borromeo, la prima a sinistra dopo il fonte battesimale, la pala d'altare San Carlo porta in processione il chiodo della croce (1618) è di Carlo Saraceni, insigne discepolo di Caravaggio. Nella cappella di San Francesco e Santa Giacinta Marescotti, la quarta a sinistra dopo il fonte battesimale, si possono ammirare alcune tele del caravaggesco francese Simon Vouet: a sinistra La tentazione di San Francesco e a destra La vestizione di San Francesco. La pala d'altare di questa cappella è La morte di Santa Giacinta Marescotti (1736) di Marco Benefial. Nella navata destra, una pala d'altare con San Francesco Caracciolo che adora il Santissimo Sacramento è opera del pittore tardo barocco Ludovico Stern.
La Cappella di San Giuseppe (cosiddetta dal quadro di San Giuseppe di Alessandro Turchi) era Cappella gentilizia dei principi Ottoboni Duchi di Fiano - famiglia di papa Alessandro VIII - che l'ebbero, con Breve pontificio, in "concessione perpetua" (è ancora visibile, in alto all'ingresso, il loro stemma) Nel 1943 la Cappella è stata snaturata dalla originaria destinazione, per divenire il sepolcro del cardinale Cremonesi ed è stata completamente ricoperta di marmi verdi, che hanno coperto le lapidi marmoree dei defunti Ottoboni. In un angolo è stato sistemato un busto marmoreo del cardinale.
Nell'abside, sulla cantoria settecentesca di destra, si trova l'organo a canne Mascioni opus 302. Lo strumento, di pregevole fattura, è stato costruito dalla ditta varesina per volere dell'allora cardinale titolare Pietro Gasparri, nominato nel 1907 da papa Pio X. L'organo è a due tastiere di 58 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 27 ed è a trasmissione integralmente pneumatico-tubolare.
Diverse campagne di scavo sono state condotte sotto la basilica tra il 1982 e il 2000. Le indagini hanno riportato alla luce:
Gli ambienti sotterranei sono oggi in parte visitabili[2].
Nella chiesa sono sepolti il pittore francese Nicolas Poussin in una tomba fatta costruire nel XIX secolo da Chateaubriand, allora ambasciatore a Roma, sulla quale è incisa la frase "et in arcadia ego", cioè "anch'io in Arcadia", tratta dal suo celebre dipinto I pastori di Arcadia; il pittore tedesco Adam Elsheimer (1578-1610), il compositore bresciano Luca Marenzio (tra i più acclamati autori di madrigali del XVI secolo), il compositore ceco settecentesco Josef Mysliveček amico di Mozart e che in vita fu detto "il divino boemo", il compositore toscano Bernardo Pasquini che in Arcadia aveva il nome di Protico Azoteo, il compositore catalano Domingo Miguel Bernabé Terradellas detto Terradeglias, l'architetto Raffaele Stern, nonché l'archeologo e collezionista d'arte Carlo Fea famoso per aver trovato, all'inizio dell'Ottocento, la copia del Discobolo di Mirone all'Esquilino; Giuseppe De Matthaeis, archiatra pontificio, chirurgo e archeologo; il pittore Pompeo Batoni (1708-1787)[3]; Matteo Lovatti (1769-1849), Clemente Lovatti (1779-1860) e il cardinale Pietro Ciriaci (1885-1966), titolare della chiesa dal 1964 alla morte, le cui tombe sono nella cappella Lovatti. Sono inoltre sepolti il cardinale Luigi Capponi (1583-1659), titolare della chiesa dal 1629, e il cardinale Giuseppe Renato Imperiali (1651-1737), titolare della chiesa dal 1727 al 1737, oltre al già citato cardinale Carlo Cremonesi (1866-1943), titolare della chiesa dal 1935 al 1943.
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