Bezafibrato | |
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Nome IUPAC | |
acido 2-(4-{2-[(4-clorobenzoil)ammino]etil}fenossi)-2-metilpropanoico | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C19H20ClNO4 |
Massa molecolare (u) | 361,819 |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 255-567-9 |
Codice ATC | C10 |
PubChem | 39042 |
DrugBank | DBDB01393 |
SMILES | CC(C)(C(=O)O)OC1=CC=C(C=C1)CCNC(=O)C2=CC=C(C=C2)Cl |
Dati farmacologici | |
Modalità di somministrazione | Orale |
Indicazioni di sicurezza | |
Il bezafibrato è un farmaco ipolipidemizzante della classe dei fibrati.
Il benzafibrato è stato introdotto in terapia nel 1977, prodotto dalla Boehringer Mannheim.
Come gli altri fibrati il bezafibrato è un agonista del recettore PPARα; alcuni studi suggeriscono che possa essere attivo anche nei confronti delle forme PPARγ e PPARδ.
Il bezafibrato è utile nel trattamento dell'iperlipidemia combinata, una ipercolesterolemia caratterizzata da alti livelli di LDL e trigliceridi.[1] L'effetto maggiore si osserva nei pazienti con sindrome metabolica.[2] Inoltre secondo alcuni studi, il bezafibrato frenerebbe la progressione a diabete nei pazienti con IGT (impaired glucose tolerance)[3] e reallenterebbe il progresso dell'insulinoresistenza, misurata secondo la scala HOMA (Homeostatic model assessment).[4] Inoltre da uno studio osservazionale prospettico su pazienti con dislipidemia e diabete o iperglicemia è risultato che il bezafibrato riduce significativamente la concentrazione di emoglobina glicata (HbA1c) rispetto ai livelli basali, indipendentemente dall'uso contemporaneo di antidiabetici.[5]
Il principale effetti collaterale è dato dalla tossicità epatica (livelli anormali delle transaminasi) e dalle miopatie. Raramente è stata riportata rabdomiolisi.
L'azienda biotech australiana Giaconda combina il benzafibrato con l'acido chenodesossicolico in un medicinale anti-epatite C chiamato Hepaconda.