Daidō Moriyama (Ikeda, 10 ottobre1938) è un fotografogiapponese, considerato uno dei maggiori esponenti della fotografia di strada giapponese. Tra i lavori per cui è più famoso c'è Eros, pubblicato nel 1969 sulla rivista giapponese Provoke, che mostra le immagini di una notte trascorsa con una amante in una stanza d'albergo. Ha inoltre esposto le sue opere in musei e gallerie di tutto il mondo, fra i quali la Tate Modern di Londra, il MoMA di San Francisco, il Metropolitan Museum of Art di New York e la Fondation Cartier di Parigi.
Nato a Ikeda, Osaka, Moriyama studia inizialmente per diventare grafico, prima di rimanere affascinato dal mondo della fotografia e studiare con Takeji Iwamiya. Nel 1961 si trasferisce a Tokyo per incontrare i membri di VIVO, e diventa assistente di Eikoh Hosoe, posizione che gli permette di ottenere l'accesso al mondo fotografico di Tokyo.
Nel 1968 produce la raccolta di fotografie Nippon gekijo shashincho, in alto contrasto, in cui si concentra su un mondo ormai contaminato dall'industria. In questo stesso periodo inizia a far parte della rivista Provoke, richiamando l'attenzione di giovani artisti, la maggior parte dei quali sono fotografi. Oltre a Provoke, in seguito, Moriyama contribuisce anche ad altre riviste, come Camera Mainichi, Asahi Journal e Asahi Camera.
Le sue collezioni fotografiche sono numerose e comprendono "Hikari", "Karyudo" e "Nakaji eno tabi".
Negli anni Settanta, Moriyama riscontra problemi personali e, per questa ragione, non è più produttivo come negli anni precedenti. Soltanto nei primi anni Ottanta riprende la sua attività con maggiore costanza e ottiene perfino il premio del fotografo dell'anno dalla "Shashin Kyokai" (Società di Fotografia).
Ha esposto in diverse galleria d'arte, come il Museo d'Arte Moderna (MoMA) di San Francisco nel 1999 e il Museo di Arte Moderna di New York nel 1974.
Il vero nome di Moriyama è in realtà Hiromichi, che nella lingua giapponese è composto da due caratteri: hiro, ovvero "ampio", e michi, che significa "strada". I critici ritengono pertanto che il destino di questo artista sia stato scritto fin dalla nascita: il suo atteggiamento nei confronti della realtà delle grandi città – in particolare Tokyo – ha seguito un'evoluzione che ha determinato il suo stile, divenuto poi il suo marchio di fabbrica.
Lo stile di Moriyama viene definito inconsueto e provocatorio, soprattutto dopo la sua esperienza con la rivista Provoke, che negli anni Sessanta denunciava una realtà che veniva spesso occultata. Anche dopo i suoi settant'anni d'età, egli condivide ancora la stessa inclinazione a registrare i lati oscuri del mondo come faceva nelle sue prime fotografie, scattate durante la drammatica trasformazione del dopo-guerra giapponese, con l'intento di evocare pensieri ed emozioni nuove.
Servendosi di una fotocamera automatica, cattura la realtà mettendola a nudo ed evidenziando i suoi aspetti più tragici e nascosti. I suoi scatti sono spesso sfocati, graffiati, dinamici e dunque privi di compostezza e caratterizzati da un forte contrasto, che emerge nell'utilizzo del bianco e nero.
In un'intervista pubblicata su Aperture[1] nel 2012, Moriyama sostiene che non c'è molta differenza tra la fotografia a colori e quella in bianco e nero, nonostante preferisca in modo evidente la seconda. Dal suo punto di vista infatti, ciò che realmente rende le fotografie interessanti non è il colore, ma la macchina fotografica digitale:
«Con le macchine fotografiche a pellicola la tua scelta viene fatta quando la pellicola viene caricata. Con quella digitale, invece, ciò che viene scattato a colori può essere trasformato in bianco e nero. Quindi per quanto mi riguarda, scatto a colori.
[...] la fotografia in bianco e nero ha un che di erotico per me, in senso ampio. Il colore non ha la stessa carica erotica. Non ha molto a che fare con quello che viene fotografato; in qualsiasi immagine in bianco e nero c'è una certa varietà di erotismo. Se sono fuori a vagabondare e vedo fotografie appese alle pareti di un ristorante, ad esempio, che sono in bianco e nero, ho una fitta! È davvero una risposta viscerale. Non ho ancora visto una fotografia a colori che mi abbia fatto venire i brividi. Questa è la differenza tra le due cose.»
(Su Daido Moriyama: The Shock From Outside, Aperture, 2012[2])
Moriyama si definisce un viaggiatore solitario, e lui stesso racconta di aver trovato ispirazione per il suo lavoro nel libro "Sulla strada", dello scrittore americano Jack Kerouac:
«In quegli anni leggevo molti libri e molte cose mi colpivano, ero estremamente ricettivo e aperto. Kerouac aveva il dono di riuscire a trasmettere immagini fotografiche dei suoi viaggi attraverso la macchina da scrivere: questa sua capacità ha influenzato e condizionato il cammino che poi ho intrapreso. Quel che mi colpì molto di "On the Road" furono il tema della libertà e del vagabondaggio: il fatto di viaggiare per il gusto di farlo, senza una meta precisa. La realtà del viaggio è quel che io vivo spostandomi, non tanto un luogo dove arrivare.»
(Su Daido Moriyama, il maestro della street photography giapponese, Grandi-Fotografi, 2016[3])
Fra gli altri fotografi da cui Moriyama prese ispirazione, figurano Eikoh Hosoe, Eugène Atget, Weegee e William Klein, che, come lui, condividono una particolare attenzione verso le dinamiche della vita di città.
4. Mazu tashikarashisa no sekai o sutero: shashin to gengo no shisō = Prima Abbandonare il Mondo della Pseudo-Certezza: Pensieri sulla Fotografia e sulla Lingua, Tokyo, Tabata Shoten, 1970
The Japanese Box (facsimile stampato di sei rare pubblicazioni fotografiche della Provoke), Göttingen, Steidl, 2001.
Terayama, Tokyo, Match and Company Co., 2015 (edizione in inglese e in giapponese con testo da Shūji Terayama e da Satoshi Machiguchi, "The Spell Moves On", edizione di 1500 copie)
Dazai, Tokyo, Match and Company Co., 2014 (con un testo da Osamu Dazai, "Villon's Wife", edizione di 1200 copie)
Odasaku, Tokyo, Match and Company Co., 2016 (con una breve storia da Sakunosuke Oda, "At the Horse Races", e da Satoshi Machiguchi)