Dondolo | |
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Dramma in un atto unico | |
Autore | Samuel Beckett |
Titolo originale | Rockaby |
Lingua originale | |
Genere | Dramma breve |
Ambientazione | Non c'è ambientazione determinata |
Composto nel | 1980 |
Prima assoluta | 8 aprile 1981 Centro di Ricerca Teatrale di Buffalo |
Prima rappresentazione italiana | 1986 |
Personaggi | |
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Dondolo (in lingua inglese Rockaby) è un dramma breve in un atto unico scritto nel 1980 dal drammaturgo irlandese Samuel Beckett e stampato per la prima volta nel 1981.
Come negli ultimi lavori beckettiani la forza evocativa scaturisce dall'inazione, sottolineata dal movimento meccanico della vecchia sul dondolo determinato meccanicamente e non da lei, in un continuo ripetersi di frasi che sottolineano l'incessante fluire del tempo e delle cose.
Ad accentuare la situazione di straniamento contribuisce la pronuncia delle parole del dramma, recitate dalla voce registrata della donna, mentre quest'ultima si limita a dire, ad intervalli, la parola "Ancora", determinando la continuazione del monologo della voce e l'oscillazione del dondolo sul quale è seduta.
Con questo testo, soprattutto a seguito della regia di Peter Brook e Marie-Hélène Estienne con l'interpretazione di Kathryn Hunter, si rivela l'umorismo di Beckett, in un territorio desolato che sembra la vita, ma impone il gioco dell'arte del teatro. Tutto ciò che a una prima lettura sembra desolazione, morte e straniamento, in realtà nell'azione scenica si rivela un delicatissimo movimento di variazioni e umori, di situazioni psicologiche differenti, di significati alti e di buffi sketch quotidiani.
Rockaby è un "dondolo", un'apparente ripetizione e oscillazione di punti di vista, di umori, di "energie", nonché, come sempre in Beckett, l'occasione di mostrare al pubblico quanto c'è di possibile per l'uomo nel tempo e nello spazio angusto della vita, quanto c'è di luminoso e divertente nella variazione e nella ripetizione dei medesimi atti e delle parole. Un assurdo vivo e perfettamente credibile, un meccanismo che gioca a lato della macchinetta inesorabile della ragione privata davanti alle figurazioni e alle immagini della vita, ai materialismi e ai conformismi; un atto contro la meccanicità dell'esistenza. L'occasione per l'attrice di praticare un esercizio raffinato e complesso, fatto della capacità di variare e trovare nuove risorse. Un'arte che supera le angosce o che, in ogni caso, sa giocare con esse con autoironia e profonda commozione.