L'enueg o enuig (pronuncia occitana [eˈnɥɛtʃ], catalana [əˈnutʃ] o [aˈnutʃ]) nella poesia provenzale è un sottogenere del sirventese in cui vengono espresse lamentazioni per le preoccupazioni quotidiane e sono enunciate cose fastidiose[1] (il nome significa appunto noia, fastidio, protesta, vessazione,...), al contrario del plazer.
Il Monaco di Montaudon fu il primo a utilizzare l'enuig e probabilmente ne fu anche l'inventore, imitato poi del poeta italiano Gherardo Patecchio di Cremona (fl. 1228) in Frotula noiae moralis, due scambi in rime con Ugo di Perso[2].
Noioso son, e canto de noio
qe me fai la rëa çent noiosa.
Eu veço l'omo, com' l'è plui croio,
tant eleçe vita plui grecosa
en vestir e 'n parlar de regoio
e 'n far ogni causa desdegnosa.
Si m'è noia, no sai que me faça,
q'eu no trovo compagno qe.m plaça:
tanta noia me destrenz e abraça,
o' qe.m sia, enoia me menaça.[2]
[...]
Nella letteratura italiana del Duecento viene ripreso, tra gli altri, da Cenne de la Chitarra nella parodia dei sonetti de' mesi di Folgóre da San Gimignano,[3] Guittone d'Arezzo, Chiaro Davanzati, Bindo Bonichi di Siena e Cino da Pistoia[4]. Nel XIV secolo, tra gli altri, abbiamo il poeta fiorentino Antonio Pucci, nel XV Simone Serdini e Serafino Aquilano; nel XVI Michelangelo Buonarroti.[4]
L'enueg viene oltretutto a perpetuarsi nella letteratura medievale catalana e in quella galiziano-portoghese con Fernan Garcia Esgaravunha e Joan Soares Coelho nel XIII secolo e nel XV con Jordi de Sant Jordi e Romeu Llull.[4]
Tra i poeti francesi che lo utilizzarono ci fu Eustache Dechamps.[4]