Giorgio Arlorio (Torino, 27 febbraio 1929 – Roma, 25 luglio 2019) è stato uno sceneggiatore, autore televisivo, regista, attore, doppiatore e docente italiano.
Considerato uno dei maggiori sceneggiatori italiani[1], il suo nome si lega ai più grandi maestri del cinema italiano, tra cui Mauro Bolognini, Mario Camerini, Nanni Loy, Mario Monicelli, Gillo Pontecorvo e Dino Risi.
Figlio di industriali del liquore piemontesi,[2] ma mai intenzionato a seguirne l'attività, inizia la carriera scrivendo racconti su diverse riviste sperimentali ed entrando in contatto con personalità del calibro di Cesare Pavese, Elio Vittorini e Giulio Einaudi.
Dal 1951 si avvicina al cinema lavorando come aiuto regista per Pietro Germi (Il brigante di Tacca del Lupo, 1952), Glauco Pellegrini (Gli uomini, che mascalzoni!, 1953 e Sinfonia d'amore, 1954), Carmine Gallone (Puccini, 1953), PieroTellini (Prima di sera, 1954), Carlo Borghesio (I due compari, 1955) e Antonio Musu (Il prezzo della gloria, 1956 e Totò e Marcellino, 1958).[3][4]
Entra nel mondo della sceneggiatura con l’aiuto dell’amico e collega Rodolfo Sonego, che convince Dino De Laurentiis a scritturarlo per tre anni nella sua "bottega", che riuniva gran parte degli sceneggiatori italiani più importanti dell'epoca.[5]
L’esordio avviene come soggettista nel 1959, con Esterina di Carlo Lizzani. Nello stesso anno firma la sua prima sceneggiatura, in Crimen di Mario Camerini.
Il 4 dicembre 1959, presso un ufficio rionale di matrimonio di Mosca, sposa Ludmila Blat, conosciuta nei due mesi trascorsi nella capitale sovietica per il montaggio del documentario Mosca di giorno e di notte - Viaggio a Mosca. I suoi testimoni di nozze sono Bruno Pontecorvo e Maurizio Ferrara. Dal matrimonio nasce la figlia Sasha, che reciterà la parte della ragazza russa nel film Bianco, rosso e Verdone, stessa pellicola in cui sua nipote acquisita, Irina Sanpiter, interpreta il ruolo di Magda Ghiglioni.
Il suo operato di sceneggiatore prosegue con L’arciere delle mille e una notte (1962, di Antonio Margheriti), Il giorno più corto (1963, di Sergio Corbucci), Il padre di famiglia (1967, di Nanni Loy), che gli vale la candidatura al Nastro d'argento del 1968 come Migliore Soggetto, Queimada (1969), Ogro (1979) – entrambi diretti da Gillo Pontecorvo - La patata bollente (1979, di Steno) e Cento giorni a Palermo (1984, di Giuseppe Ferrara). Un grande successo della sua carriera è costituito dalla sceneggiatura del film Zorro, in cui l'eroe mascherato viene interpretato da Alain Delon, e in cui Arlorio ripensa il mito di Zorro in maniera intelligente.
Nel 1962 collabora con Mario Monicelli a I compagni, dove cura la ricostruzione della Torino di fine 1800, la supervisione ai dialoghi e la direzione del doppiaggio, prestando personalmente la voce a Renato Salvatori.[6]
Come autore televisivo inventa, insieme a Nanni Loy, Specchio segreto[7], dove è l'ideatore delle situazioni, e Viaggio in seconda classe (1977).[8][9]
Come attore, è protagonista ne I sovversivi (1967, di Paolo e Vittorio Taviani), e ricopre altri ruoli ne La bambolona (1969, di Franco Giraldi), Il rapporto (1969, di Lionello Massobrio), Un silenzio particolare (2004, di Stefano Rulli) e Anch’io ero comunista (2011, di Mimmo Calopresti).
Come regista, dirige soprattutto alcuni documentari di stampo civile, come L’addio ad Enrico Berlinguer (1984) e Un altro mondo è possibile (2011).
Tra i fondatori del Premio Solinas, dal 1999 al 2016 è stato docente di sceneggiatura al Centro sperimentale di cinematografia, annoverando tra i propri allievi Francesco Bruni, Ivan Cotroneo, Matteo Garrone, Filippo Gravino, Guido Iuculano e Francesca Manieri.[10][5][1]
Nel 2017 pubblica, insieme a Caterina Taricano, Viaggi non organizzati, una sua biografia edita dal Centro Sperimentale di Cinematografia. Nello stesso anno vince il premio Maria Adriana Prolo, organizzato dall'Associazione Museo Nazionale del Cinema.[9]
Muore a Roma il 25 luglio 2019.
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