Allievo del padre Giovan Domenico d'Auria, fu molto attivo nella realizzazione di monumenti funebri sin dalla fine degli anni Sessanta del Cinquecento. Una delle sue primissime prove attestate dai documenti è costituita dall'effigie sepolcrale di Marcello Caracciolo conte di Biccari in San Giovanni a Carbonara (1573), all'interno della famosa Cappella Caracciolo di Vico, arredata, circa trent'anni prima, dei sepolcri di Galeazzo e Colantonio Caracciolo marchesi di Vico ad opera di Giovanni da Nola, Annibale Caccavello e Giovan Domenico d'Auria.
Nella Chiesa di Santa Maria la Nova, nel Cappellone di San Giacomo della Marca, Girolamo d'Auria eseguì l'altare raffigurante l'Immacolata Concezione tra i Santi Francesco e Bernardino da Siena (1574 circa), in collaborazione col marmoraro e parente Giovan Tommaso d'Auria, e il sepolcro dei coniugi Bernardino Turbolo e Giovanna Rosa (1575).
Al 1577, invece, risale la tomba del nobile Fabrizio Brancaccio in Santa Maria delle Grazie a Caponapoli (1577), originariamente ubicata presso la cappella dell'altare maggiore della chiesa.
Insieme a Salvatore Caccavello intagliò gli armadi lignei della sagrestia della Basilica della Santissima Annunziata Maggiore (1577-79), con bassorilievi del Vecchio e Nuovo Testamento e profeti e santi; gli stessi armadi presentano anche ulteriori decorazioni eseguite da altri artisti napoletani.
Tra il 1586 e il 1590 Girolamo D'Auria eseguì il sepolcro di Giovan Battista Capece Minutolo, sito nel transetto destro del Duomo di Napoli. Agli anni 1589-93 risale invece un ciclo di quattro effigi della famiglia Loffredo di Monteforte, già ubicato presso una cappella dell'antica chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia e successivamente trasferito nel cosiddetto "comunichino delle monache" di Donnaregina Nuova (attuale Museo Diocesano di Napoli). I marmi, eseguiti in collaborazione con lo scultore napoletano Francesco Cassano, sono attualmente privi di epigrafi e stemmi araldici.
Del 1592 è la Madonna con Bambino nella Cappella Montalto della Chiesa di Santa Maria del Popolo. Al 1594 circa, invece, risale il capolavoro dell'autore, il San Giovanni Battista eseguito per l'altare della Cappella Rota in San Domenico Maggiore, già erroneamente assegnato dalle guide antiche a Giovanni da Nola.
Si trova nella cappella Medici di Gragnano (e non Ottaviano, come in passato ritenuto[1]), nella chiesa napoletana dei Santi Severino e Sossio, il sepolcro di Camillo de' Medici, realizzato nell'ultimo lustro del '500,[2] e posto sulla parete destra, entrando nella cappella; sul lato opposto vi è un bassorilievo firmato raffigurante la Resurrezione di Lazzaro[3], databile tra il 1596 e il 1600. Agli stessi anni risalgono i sepolcri di Antonio e Giovan Francesco Orefice nell'omonima cappella di Santa Maria Monteoliveto.
Presso il Chiostro Grande del convento di Santa Maria la Nova, oggi parzialmente occupato dalla pubblica amministrazione, si conserva la tarda raffigurazione allegorica della Filosofia (firmata).
Agli anni 1603-11 circa risale infine il sepolcro di Vincenzo Carafa della Stadera (1543-1611), dei conti di Ruvo, celebre condottiero, priore di Capua dell'Ordine di Malta, Gran Priore d'Ungheria dal 1565; il sepolcro è posto nella cappella Gesualdo, nella chiesa dei SS. Severino e Sossio.
^L'equivoco è ancora in Napoli e dintorni, 6. ed., Milano, Touring Editore, 2001, p. 179 e in Pier Luigi Rovito, Il viceregno spagnolo di Napoli. Ordinamento, istituzioni, culture di governo, Napoli, 2003, pp. 136-137, 169.
^Lawrence R. d'Aniello, La cappella Medici di Gragnano nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, in "Napoli Nobilissima", ser. 5., vol. 6, fasc. 1/4 (genn.-ago. 2005). Lo scultore napoletano è infatti registrato nel 1596 al lavoro per "guarnire il sepolcro di sua [di Camillo] cappella da tutte le bande". Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco dello Spirito Santo, giornale copiapolizze di banco del 1596, matr. 13, partita di 80 ducati estinta il 7 agosto, f. 683. L'altro estremo cronologico è fornito dall'epigrafe, che data il compimento dell'opera al 1600.
^HIERON. AURIA / NEAP. SCULP. Il primo a citare il bassorilievo fu il canonico Carlo Celano nel 1692: "Vi si vede, ancora, dalla parte del Evangelo una tavola di marmo antica, nella quale sta' espressa con diverse figure picciole di mezzo rilievo un'istorietta, degna d'essere osservata". Carlo Celano, Delle notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri raccolte dal canonico Carlo Celano, vol. III, Napoli, Giacomo Raillard, 1692, giornata terza, p. 222.
Bartolomeo Capasso, Appunti per la storia delle arti in Napoli, in "Archivio Storico per le Province Napoletane", VI, 1881, p. 541.
Giovan Battista D'Addosio, Origine, vicende storiche, e progressi della Real Casa dell'Annunziata di Napoli (Ospizio dei trovatelli), Napoli, 1883, p. 182.
Gaetano Filangieri di Satriano, Saggio di un indice di prospetti cronologici della vita e delle opere di alcuni artisti che lavorarono in Napoli, in "Archivio Storico per le Province Napoletane", XII, 1887, pp. 76–78.
Gaetano Filangieri di Satriano, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, Napoli, 1889, IV, pp. 355–362.
Giuseppe Ceci, Per la biografia degli artisti del sedicesimo e diciassettesimo secolo. Nuovi documenti: scultori, in "Napoli Nobilissima", s. I, XV, 9, 1906, pp. 137–139.
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