Figlio di Giacomo Natoli Gongora di Scaliti, colonnello di cavalleria nel reggimento cacciatori Forìe di Messina del Reale Esercito delle Due Sicilie, e di Emanuela Cianciolo. Il nonno Bartolomeo fu senatore cittadino e proconsole di Messina.
Studiò filosofia per laurearsi poi in giurisprudenza a 22 anni all'Università di Palermo, dove divenne professore di diritto civile e procedura. Rifiutò la carica di giudice per non dover lavorare alle dipendenze dello Stato borbonico. Fu membro dell'Accademia Peloritana dei Pericolanti[2].
Collaborò con Giacomo Macrì alla realizzazione di una rete di cospiratori nell'isola e sostenne attivamente la campagna di Garibaldi in Sicilia, entrando anche a far parte del suo governo dittatoriale il 27 giugno 1860 (dopo le dimissioni di Francesco Crispi) come segretario di stato per gli Affari Esteri e per il Commercio in sostituzione del barone Casimiro Pisani, fino al 10 luglio[6].
Dopo la morte di Cavour (6 giugno 1861) assunse l'incarico di prefetto, prima a Brescia (giugno 1861- maggio 1862) e spostato, dopo disordini di piazza, per pochi giorni a Siena quando preferì tornare ai lavori parlamentari[10]. Tornò al governo nel settembre 1864 come Ministro della pubblica istruzione nel primo Governo La Marmora (1864-1865) e per alcuni mesi ebbe anche l'interim all'interno.
Si spense a Messina il 25 settembre 1867, vittima della epidemia di colera, dove era giunto per portare conforto ai propri concittadini[11].
Suo figlio Giacomo fu per tre volte sindaco di Messina.
Per onorarne il ricordo, fu tumulato nella cappella dell'Arciconfraternita degli Azzurri. Il 6 luglio 1880, a seguito di una sentitissima petizione popolare e su iniziativa del Comune, la salma del barone Giuseppe Natoli fu riesumata e trasportata con solennità al Gran Camposanto, dove fu posta in un sarcofago contiguo a quello di Giuseppe La Farina.
la città di Messina ne decretò la tumulazione nei sotterranei del famedio al Gran Camposanto,
Il Consiglio Comunale votò per la costruzione di un monumento dedicato a Giuseppe Natoli e lo commissionò allo scultore Lio Gangeri[12] poi votò all'unanimità per l'intitolazione di una delle strade principali di Messina, Via Giuseppe Natoli.
^Sua e del La Farina fu la mozione (31 marzo 1848) per restituire a Messina il porto franco soppresso sessant'anni prima dai Borboni; la proposta fu approvata all'unanimità (dalla storia di Messina sul portale Gran Mirci). Fece anche parte della commissione che il 21 giugno 1848 portò ufficialmente al duca di Genova (Alberto Amedeo di Savoia, figlio di Carlo Alberto di Savoia) l'atto di elezione a re dei siciliani; offerta poi declinata dall'interessato (dal sito il ViandanteArchiviato il 13 gennaio 2011 in Internet Archive.).
^"La dittatura di Garibaldi", dal portale sul 150º anniversario della Spedizione dei Mille sul sito della Regione Siciliana.
^Note del Senato, su notes9.senato.it. URL consultato il 20 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 23 luglio 2015).
^Sino alla fine dell'Ottocento alcuni prefetti, in genere quelli dei capoluoghi principali, erano scelti fra gli uomini politici più autorevoli (ed erano perciò chiamati "prefetti politici"), mentre quelli delle sedi minori di solito erano funzionari di carriera ("prefetti amministrativi").
^ Gerardo Rizzo, "Il colera del 1867 a Messina: prime indagini" (PDF), in Archivio Storico Messinese, n. 74, Società messinese di storia patria, 1997, pp. 94; 105-106. URL consultato il 20 dicembre 2015.
^Il decreto è del 27 aprile 1868, mentre il "ricco mausoleo" nell'avancorpo del famedio è del 6 luglio 1880 (in Attard, Messinesi insigni..., 2ª ed. 1991, pp. 15-16 e 70)
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