Il continuum di Gernsback | |
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Titolo originale | The Gernsback Continuum |
Autore | William Gibson |
1ª ed. originale | 1981 |
1ª ed. italiana | 1989 |
Genere | racconto |
Sottogenere | fantascienza, cyberpunk |
Lingua originale | inglese |
Ambientazione | 1980, Nord America |
Protagonisti | il fotografo narratore |
Altri personaggi | Dialta Downes, Cohen, Merv Kihn |
Il continuum di Gernsback (The Gernsback Continuum) è un racconto breve di fantascienza dello scrittore canadese di origini statunitensi William Gibson, pubblicato nel 1981.
Il racconto, è stato pubblicato nel 1981 nell'antologia Universe 11[1] e fu la prima opera professionale di Gibson. Appena pubblicato il racconto non riscosse un grande successo ma servì a chiarire la posizione di Gibson nei confronti della corrente letteraria successivamente ribattezzata cyberpunk e la sostanziale appartenenza dell'autore al movimento artistico,[2] tanto da essere incluso nella raccolta-manifesto del cyberpunk Mirrorshades, pubblicata nel 1986 a cura di Bruce Sterling.[3] Nello stesso anno Il continuum di Gernsback fu anche ripubblicato nella raccolta di racconti di Gibson La notte che bruciammo Chrome (Burning Chrome).[4]
Il nome Gernsback deriva da quello dell'editore Hugo Gernsback, attivo nella cosiddetta "epoca d'oro della fantascienza" e nei confronti della quale si muove la critica di Gibson avanzata dall'autore nel racconto.[2][5][6]
«Posso anche credere agli alieni, ma non a degli alieni che assomigliano a fumetti degli anni'50. Sono fantasmi semiotici, frammenti di un immaginario culturale che si è separato e ha acquistato vita autonoma.»
Il fotografo, narratore del racconto, viene incaricato dal suo agente, Cohen, di effettuare un servizio fotografico sull'architettura Art déco nel Nord America degli anni 1930 per conto di Dialta Downes, una famosa storica dell'arte. Durante il lavoro il fotografo si trova trasportato in un mondo alternativo, popolato di "fantasmi semiotici", ossia simboli di una realtà alternativa, oggetti e macchine fantastiche provenienti da un possibile futuro mai realizzatosi. Il peregrinare tra le strutture fatiscenti appartenenti a un passato americano fortemente influenzato dall'estetica futuristica, causa contaminazioni tra il reale e una realtà parallela, il cosiddetto "continuum di Gernsback".[7]
Il protagonista si rivolge a Merv Kihn, giornalista specializzato in editoria pulp e pseudoscientifica, che lo aiuta a liberarsi dei fantasmi e dalle visioni oniriche, forse stimolate dall'assunzione di amfetamine da parte del fotografo.[7]
«È possibile fotografare l'inesistente, ma è maledettamente difficile riuscirci, e di conseguenza questo è un talento molto ricercato sul mercato.»
Fotografo professionista, riceve l'incarico di realizzare un servizio sull'architettura Art déco nel Nord America degli anni 1930. Viene a contatto con un mondo alternativo, contaminato dalle visioni futuristiche dell'epoca.
Nel 1993 Il continuum di Gernsback è stato trasposto in un film TV con il titolo di Tomorrow Calling, per la regia di Tim Leandro.[8]
Nell'opera compare per la prima volta il termine "fantasma semiotico" ("semiotic ghost"), coniato per l'occasione da William Gibson e che sarà successivamente utilizzato in altri contesti per definire frammenti di immaginario culturale collettivo che si sono diffusi e acquisito autonomia.[9][4][3]