Incidente del 3 dicembre | |||
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Il governatore di Macao José Manuel de Sousa e Faro Nobre de Carvalho sigla l'atto di scuse sotto il ritratto di Mao Zedong, 29 gennaio 1967 | |||
Data | novembre 1966 - gennaio 1967 | ||
Luogo | Macao portoghese | ||
Esito | Il governo coloniale portoghese si accordò per fare delle concessioni ai rivoltosi, ponendo de facto la colonia sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese | ||
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L'incidente del 3 dicembre (in cinese 一二·三事件S), noto in Portogallo come rivolta dell'1-2-3 (in portoghese Motim 1-2-3), è una rivolta avvenuta nella colonia portoghese di Macao a partire dal 3 dicembre 1966, ispirata dalla Rivoluzione culturale della Repubblica Popolare Cinese. L'incidente viene solitamente indicato anche come "3-12" in riferimento alla data in cui iniziarono gli scontri.[1]
Nel 1966, i residenti dell'isola di Taipa tentarono di ottenere il permesso di costruire una scuola privata con la sponsorizzazione delle organizzazioni di sinistra.[2] Pur avendo ottenuto un appezzamento di terra dalle autorità coloniali portoghesi, gli impiegati degli uffici pubblici ritardarono il processo, per velocizzare il quale avevano preteso delle tangenti.[2] Non avendo ricevuto adeguate risposte dalle autorità, gli abitanti iniziarono a costruire senza gli adeguati permessi.[3]
Il 15 novembre 1966, gli impiegati di Taipa bloccarono la costruzione della scuola, portando ad un confronto armato tra i protestanti e la polizia di Macao.[2] La polizia, anche con ufficiali in borghese, ferì 40 persone, 14 delle quali vennero in seguito arrestate.[4]
In risposta, un gruppo di circa 60 tra studenti e lavoratori si posero a fare rimostranze davanti al palazzo del governatore, sede del governo, per sostenere la causa dei residenti di Taipa, urlando slogan comunisti ed impugnando il Libretto Rosso di Mao.[5] Alle 13.00 del 3 dicembre, la Guardia rossa diede inizio alla rivolta vera e propria, denunciando le autorità portoghesi per "atrocità fasciste".[6]
Il 3 dicembre, il governo ordinò l'arresto dei rivoltosi. Questo aumentò la rabbia del pubblico in generale e altre persone aderirono alla protesta. Venne abbattuta la statua del colonnello Vicente Nicolau de Mesquita a Largo do Senado nel centro cittadino e strappò il braccio della statua di Jorge Alvares presso il porto.[7] Sia al Leal Senado che nel municipio cittadino, i ritratti degli ex governatori vennero tolti dai muri, mentre dagli archivi i libri ed i registri vennero gettati in strada e bruciati.[8] Venne quindi dichiarata dal governo la legge marziale.[9] Durante le proteste, 8 persone vennero uccise dalla polizia e 212 furono i feriti.[1]
La popolazione cinese di Macao adottò la politica dei "tre no" per continuare la loro lotta al governo: no tasse, no servizi, no commercio coi portoghesi.[5] Il 29 gennaio 1967 il governatore portoghese di Macao, José Manuel de Sousa e Faro Nobre de Carvalho, siglarono le scuse ufficiali per quanto accaduto presso la Camera di Commercio cinese, sotto il ritratto di Mao Zedong.[10]
Questo atto diede inizio all'eguale trattamento tra cinesi e portoghesi a Macao, ma pose nel contempo fine de facto alla sovranità portoghese sul territorio.[9] Il ministro degli esteri portoghese, Alberto Franco Nogueira, descrisse il ruolo del Portogallo a Macao dopo il 1967 come quello di un "amministratore di condominio sotto supervisione straniera".[10]
Con i portoghesi che ora controllavano solo nominalmente Macao, il vero potere andò quindi ai cinesi ed ai loro capi come ad esempio Ho Yin.[11] Il figlio di Ho, Edmund Ho Hau-wah, divenne il primo capo dell'esecutivo della regione amministrativa speciale di Macao dopo il trasferimento della sovranità alla Repubblica Popolare Cinese nel 1999.[12]
Pechino, di conseguenza, aumentò la propria influenza ed a Macao vennero abolite tutte le attività pro-Kuomintang, come pure vennero chiuse tutte le missioni religiose.[13] Vennero chiuse anche diverse scuole locali.[6] Rifugiati provenienti dalla Cina interna non poterono entrare né ritornare all'isola.[14]