La Wally | |
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Giuseppe Pierozzi e Germana Paolieri in una foto di scena del film | |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1932 |
Durata | 82 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | drammatico, musicale |
Regia | Guido Brignone |
Soggetto | romanzo Die Geierwally di Wilhelmine von Hillern |
Sceneggiatura | Gian Bistolfi |
Produttore | Cines |
Distribuzione in italiano | S.A.S.P |
Fotografia | Ubaldo Arata |
Montaggio | Giorgio Simonelli |
Musiche | Alfredo Catalani |
Scenografia | Gastone Medin, Ivo Perilli |
Trucco | Franz Sala |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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La Wally è un film del 1932 diretto da Guido Brignone.
Il film riscosse molto successo e consacrò la protagonista Germana Paolieri a stella del cinema italiano dei primi anni trenta.
Film musicale basato sull'opera lirica omonima di Alfredo Catalani. Wally è una ragazza tirolese virtuosa. Ama Hagenbach ma quando lui la bacia forzatamente offesa fugge dal paese e sale verso la montagna. Il ragazzo la insegue con l'intenzione di chiedere perdono ma viene travolto da una valanga. Anche la ragazza morirà.
Ha ottenuto il visto censura n. 26990 il 31 dicembre 1931.[1] Fu distribuito nelle sale nel gennaio 1932.[2]
«[...] un film degno di rispetto per la fatica che è costato. Vi è della scolastica diligenza, un buon impiego dei mezzi sonori; se parecchi sfondi sono d'un gusto assai discutibile, altri sono ariosi, ben graduati: e parecchi «esterni» hanno il respiro dell'ampio orizzonte che li circonda. Ma c'è anche un'innegabile atmosfera teatrale e, quel che è peggio, teatraleggiante. Questi non sono gli alpigiani e i cacciatori di Sölden e dell'Hochstoff nei primi dell'ottocento; ma i coristi di Luigi Illica, raminghi per gli scampoli d'uno smisurato palcoscenico, che s'estende dai monti della Svizzera ai teatri sonori della Cines. L'incrinatura più evidente è in questo alternarsi di visioni alpine, talvolta suggestive, con altre dove la neve è troppo visibilmente di gesso, e forre e dirupi son praticabili e fondali. Sulle Alpi, sotto l'aperto cielo, vesti e truccature degli attori ricordano in modo soverchio la sartoria teatrale; tra praticabili e fondali, quelle vesti e quelle truccature rivelano la vaga nostalgia per un folcloristico presepe. Guido Brignone, esperto e volonteroso direttore, s'è dovuto sobbarcare a un'impresa indubbiamente assai difficile, e forse ingrata; anche qui le sue doti si manifestano in qualche tocco delicato [...]»