La tregua | |
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John Turturro in una scena del film | |
Paese di produzione | Italia, Francia, Germania, Svizzera |
Anno | 1997 |
Durata | 125 min |
Genere | biografico, drammatico |
Regia | Francesco Rosi |
Soggetto | Primo Levi (romanzo omonimo), Francesco Rosi, Tonino Guerra |
Sceneggiatura | Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Francesco Rosi |
Produttore | Guido De Laurentiis, Leo Pescarolo |
Distribuzione in italiano | Mikado Film |
Fotografia | Pasqualino De Santis, Marco Pontecorvo |
Montaggio | Ruggero Mastroianni, Bruno Sarandrea |
Musiche | Luis Enríquez Bacalov |
Scenografia | Andrea Crisanti |
Costumi | Alberto Verso |
Trucco | Francesco Freda, Giacinto Bretti |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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La tregua è un film del 1997 diretto da Francesco Rosi.
La pellicola, ultima regia di Rosi, è tratta dal romanzo omonimo del 1963 (vincitore del premio Campiello) di Primo Levi.
27 gennaio 1945. La Germania nazista è costretta a difendersi dall'arrivo delle truppe sovietiche da un lato e dall'inarrestabile avanzata del resto degli Alleati dall'altro; i soldati tedeschi ricevono l'ordine di abbandonare i campi di concentramento situati in est Europa, per sfuggire all'arrivo dei sovietici. Vengono così cancellate le tracce degli orrori commessi nei lager distruggendo tutti i registri ufficiali e i deportati ancora in vita vengono chiusi nei campi e lasciati al loro destino.
Anche i deportati nel lager di Auschwitz subiscono la stessa sorte e dopo essere stati liberati dai sovietici cercano un modo di tornare alle proprie case. Tra di essi ci sono francesi, polacchi e anche italiani. Uno di loro è Primo Levi, deportato poiché partigiano ed ebreo, che racconta quindi in prima persona il viaggio che ha dovuto affrontare insieme ad altri deportati italiani per fare ritorno in Italia, a Torino, la sua città natale. Il loro percorso attraverso l'Europa centrale è ricco di imprevisti e spesso li costringe a percorrere molti chilometri a piedi oppure su treni di fortuna.
Il gruppo che viaggia con Levi è formato da Cesare, un romano spaccone ma estroverso e socievole, Daniele, veneto e oramai senza più una famiglia, sterminata dai nazisti. Poi Ferrari, un ladro di professione, Unverdorben, violinista, e D'Agata, siciliano. Di grande importanza è l'incontro che l’autore fa con l'ebreo greco Mordo Nahum, furbo e disilluso, che gli farà capire molte cose con il suo acuto modo di sopravvivere ai guai. Dopo tante disavventure, il gruppo giunge a Monaco, dove Levi mostra la sua uniforme da deportato di Auschwitz a un soldato tedesco catturato e costretto ai lavori forzati all'interno della stazione ferroviaria. Quest'ultimo si inchina come per chiedere perdono. Il ritorno a Torino è vicino, dopo lo scrittore può finalmente riabbracciare la sorella e la madre.
Presentato in concorso al 50º Festival di Cannes,[1] il film è dedicato «a Pasqualino e Ruggero», ovvero a Pasqualino De Santis, storico direttore della fotografia del cinema italiano, morto in Ucraina durante le riprese, e a Ruggero Mastroianni, storico montatore del cinema italiano, morto poco prima di ultimare il suo lavoro. I due furono sostituiti da Marco Pontecorvo e Bruno Sarandrea.[2][3]