Louis Gallet (Valence, 14 febbraio 1835 – Parigi, 16 ottobre 1898) è stato uno scrittore francese di libretti d'opera, opere teatrali, romanzi, memorie, opuscoli e innumerevoli articoli, ricordato soprattutto per i suoi adattamenti di narrativa, e per i libretti di cantate e opere liriche, in particolare per i compositori Georges Bizet, Camille Saint-Saëns e Jules Massenet.
Di giorno Gallet si sostentava con un lavoro minore nell'amministrazione dell'assistenza ai poveri e con incarichi, prima come tesoriere e poi come amministratore generale, all'ospedale di Beaujon, a Parigi e in altri ospedali (rif. Saint-Saëns).
Nel 1871 Camille du Locle, il direttore dell'Opéra-Comique di Parigi, si offrì di produrre un'opera in un atto di Camille Saint-Saëns. Propose come collaboratore Louis Gallet, che Saint-Saëns non conosceva e il risultato fu il leggero pezzo La princesse jaune; fu importante come la prima japonerie sul palcoscenico operistico, poiché il Giappone aveva aperto solo di recente al commercio con l'Occidente e le prime stampe giapponesi su legno erano state viste a Parigi solo due anni prima. I due lavorarono insieme armoniosamente per anni e fu Saint-Saëns a raccomandare Gallet come critico musicale per la Nouvelle Revue, sebbene non fosse un musicista.
Per Massenet procurò per la prima volta un libretto per l'oratorio Marie-Magdeleine (1872) che si rivelò il primo grande successo di Massenet e il primo dei suoi quattro oratori drammatici.
L'opera in un atto di Georges Bizet Djamileh su libretto di Gallet fu presentata per la prima volta il 22 maggio 1872 all'Opéra-Comique, a Parigi, ma altre due opere di Bizet di Gallet ed Edouard Blau rimasero incomplete per prematura morte di Bizet nel 1875: La coupe du roi de Thulé (1869) e un Don Rodrigue in cinque atti (1873).
Nel suo libretto per Thaïs di Massenet impiegò un verso libero senza rime che definì, alla maniera del parnassianesimo, poésie melique che, come i suoi predecessori greci classici, era ideata per una declamazione con accompagnamento (melodrama). Nelle mani di Gallet la declamazione salì a poco a poco in un'aria liberamente strutturata che fu elevata al di sopra del livello di prosa dalle sue sonorità e dai suoi schemi sintattici, formule che si adattavano finemente alle tecniche musicali di Saint-Saëns e Massenet. Dopo la morte di Gallet, Saint-Saëns scrisse:
«Vorrei sapere cosa dire dell'uomo stesso, la sua strenua bontà, la sua lealtà, la sua scrupolosità, il suo buon umore, la sua originalità, il suo continuo buon senso e il suo intelletto, attento a tutto ciò che è insolito e interessante.»
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