Minuscolo 69 Manoscritto del Nuovo Testamento | |
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Nome | Codex Leicester |
Testo | Nuovo Testamento |
Datazione | XV secolo |
Scrittura | lingua greca |
Conservazione | Leicester |
Dimensione | 378 x 270 mm |
Tipo testuale | cesariense nei vangeli, bizantino nel resto |
Categoria | III (vangeli) e V (resto) |
Mano | rozza e inelegante |
Nota | appartiene alla Famiglia 13; spostamento dell'agonia di Gesù al Getsemani e della pericope dell'adultera |
Minuscolo 69 (secondo la numerazione Gregory-Aland; δ 505 secondo la numerazione Soden), anche noto come Codex Leicester o Leicestrensis, è un manoscritto in lingua greca antica, contenente il Nuovo Testamento in alfabeto minuscolo, scritto su folii di carta e pergamena, alcuni dei quali sono andati perduti. Il manoscritto è stato datato paleograficamente al XV secolo.[1]
Il codice è composto da 213 folii di 378 x 270 mm e il testo è scritto su di una colonna per pagina, con 37-38 linee per colonna,[1] Presenta grandi lettere in rosso all'inizio dei libri.[2] I folii in pergamena sono 91, quelli in carta, di scarsa qualità, 122; di solito due folii di pergamena sono seguiti da tre di carta. [3] Contiene l'intero Nuovo Testamento, con quattro lacune: Vangelo secondo Matteo 1,1-18,15[4]; Atti degli Apostoli 10,45-14,17[5]; Lettera di Giuda 7-25[6]; Apocalisse 19,10-22,21[7].[2] La lacuna di Atti 10,45-14,17[8] sembra essere dovuta ad un errore del copista, che forse copiava da un manoscritto cui mancava questa parte; il testo di Apocalisse 18,7-19,10[9] è frammentario.
L'ordine originale dei libri era: epistole paoline, Atti degli apostoli, epistole cattoliche, Apocalisse, vangeli; le lettere paoline precedono gli Atti, come nel Codex Sinaiticus.[10] Successivamente il manoscritto fu rilegato alterando la successione dei libri, che divenne: vangeli, epistole paoline, Atti, epistole cattoliche, Apocalisse.[2]
La scrittura è alquanto rozza ed inelegante, oltre ad essere strana: la epsilon si avvolge come un alfa, tanto che non è chiaro quale delle due fosse intenzione dello scriba trascrivere.[3] «Lo stile di scrittura nel suo complesso assomiglia ad uno scarabocchio raffazzonato».[10]
Il nome «ιησους» è sempre scritto per intero fino a Giovanni 21,15, dove si incontra«ις», ripetuto altre 41 volte, 19 delle quali in Atti.[3]
I titoli dei vangeli sono come nel Minuscolo 178 — εκ του κατα Μαρκον.[2]
Contiene i Prolegomena agli Ebrei, le tavole dei κεφαλαια ("capitoli") all'inizio di ciascun libro, i numeri dei κεφαλαια e le sottoscrizioni.[2]
Come nei codici 211 e 543, contiene anche del materiale non biblico, come Una spiegazione del Credo e dei Sette concili (fol. 159v), le Vite degli apostoli (fol. 160v), Confini dei cinque patriarcati (fol. 161r).[11]
Dal punto di vista testuale, 69 è un manoscritto notevole: appartiene alla Famiglia 13, di cui costituisce uno dei manoscritti più importanti, se non il più importante. Il testo greco di questo manoscritto è un rappresentante del tipo testuale cesariense; Kurt Aland lo pose nella categoria III. Nelle lettere paoline e in quelle cattoliche il testo appartiene al tipo testuale bizantino: Aland lo pose nella categoria V.[12] Nell'Apocalisse il testo è bizantino, ma con numerose varianti testuali peculiari, che lo avvicinano al Codex Vaticanus 2066 e al Minuscolo 61, che sembrano essere stati copiati da 69.[13] Insieme, questi tre manoscritti costituiscono un sottogruppo del tipo testuale bizantino.
Tra le varianti principali sono da ricordare:
Il manoscritto fu donato a George Neville, Arcivescovo di York (1465–1472).[3] Appartenne a Richard Brinkeley, poi a William Chark (o Charc), menzionato nelle note a margine del Minuscolo 61, e poi a Thomas Hayne, che nel 1640 lo donò alla Biblioteca di Leicester.[10][19]
Fu esaminato da John Mill, Edward Gee, che lo collazionò, Johann Jakob Wettstein,[20] Tregelles (1852), Scrivener (1855), T. K. Abbott, e Rendel Harris. Caspar René Gregory lo vide nel 1883.[2]