Il Murus gallicus è un metodo di costruzione di fortificazioni difensive usato dalle popolazioni celtiche, soprattutto della Gallia (e diffusasi in seguito in buona parte dell'Europa occidentale) fin dall'Età del ferro, per proteggere i loro antichi dunon (chiamati invece oppidum dai romani) del periodo di La Tène.
Così viene descritto da Cesare nel suo De bello Gallico:
«Tutte le mura della Gallia hanno questa stessa forma. Delle travi distanti l'una dall'altra 2 piedi (60 cm), sono appoggiate al suolo ad angolo retto rispetto alla linea delle mura, e per tutta la lunghezza delle mura ad intervalli regolari. Queste travi sono legate internamente e coperte da terra. Gli intervalli, di cui si è detto sopra, vengono riempiti sulla parte frontale con grossi sassi. Sistemati e cementati insieme, si aggiunge sopra un nuovo ordine di travi, che siano disposte in modo da mantenere lo stesso intervallo e che le stesse non si tocchino tra loro, ma intervallate da spazi identici tra una e l'altra, e siano racchiuse tra i sassi posti accanto alle stesse. Così l'intero muro è composto fino a raggiungere la corretta altezza. Questo muro… offre grandissimi vantaggi per difendere l'oppidum, in quanto la pietra difende dagli incendi ed il legno dagli arieti nemici, poiché è formato da travi intere lunghe 40 piedi, legate dall'interno, che non possono essere spezzate o estratte dal muro.»
In archeologia il murus gallicus è diviso in tre tipi[senza fonte]:
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