Nodulo tiroideo | |
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Tiroide umana con noduli cancerosi | |
Specialità | endocrinologia |
Eziologia | thyroid adenoma |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 241.0 |
ICD-10 | E04.1, E05.2 e E05.1 |
MeSH | D016606 |
MedlinePlus | 007265 |
eMedicine | 127491 |
Il nodulo della tiroide è una formazione nodulare (di natura liquida, solida o mista) che si sviluppa nello spessore della ghiandola tiroide. Il nodulo può avere origine neoplastica (benigna o maligna) o non-neoplastica. Esso rappresenta una lesione comune: è stata stimata una prevalenza nella diagnosi del 50-60% nella popolazione sana.[1] La maggior parte dei noduli non provoca sintomi clinicamente significativi, anche se possono essere associati a una patologia.[1]
Un nodulo può essere descritto in base a diverse caratteristiche morfologiche:
La storia naturale dei noduli non è omogenea. Di fronte a noduli che crescono di numero e dimensioni, ci sono anche noduli che riducono nel tempo le loro dimensioni fino a non risultare più rilevabili.[2][3] La crescita in numero e volume dei noduli può portare a un gozzo multinodulare o altre forme iperplastiche ben visibili alla base del collo che si presenta tumefatta e globosa.[4]
I noduli dell'tiroide sono molto comuni nella popolazione generale. La prevalenza dei noduli tiroidei risulta in aumento come conseguenza di un utilizzo sempre più diffuso delle valutazioni ecografiche. I dati epidemiologici possono essere così riassunti:
Dato
epidemiologico |
All'esame obiettivo
(palpazione) |
All'esame
ecografico (ultrasuoni) |
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Prevalenza
(casi in totale sulla popolazione generale) |
3-7% di cui
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tra il 20 e 76%
(dati simili a quelli riscontrati in autopsia) |
Incidenza
(casi all'anno sulla popolazione americana) |
0,1% (350.000 nuove diagnosi di noduli tiroidei all'anno)
(nella popolazione americana, 2016) |
I noduli della tiroide sono più comuni nelle donne che negli uomini con un rapporto di circa 4 a 1 e aumentano con l'età e con diminuzione dell'assunzione di iodio.[9] Sono anche più comuni nei soggetti con una storia di esposizione a radiazioni ionizzanti nell'area della testa e del collo, con un'incidenza di circa il 2% all'anno rispetto allo 0,1% all'anno nei soggetti senza una storia di esposizione significativa alle radiazioni[10]. Il rischio complessivo di malignità in un nodulo tiroideo è stato stimato del 5%.[9][11][12] Mentre i noduli tiroidei sono relativamente comuni nella popolazione generale, al contrario, il cancro della tiroide è relativamente raro e presenta una mortalità bassa, essendo causa dello 0,3% delle morti per tumore[13], in Italia dello 0,2% negli uomini e 0,5% nelle donne.[12][14]
I noduli tiroidei possono essere classificati con diverse aggettivazioni per caratterizzarne numero, conformazione/architettura, funzionalità ed eziopatogenesi.[15][16][17]
La valutazione del rischio che un nodulo sia maligno è uno dei principali obiettivi diagnostici.
Anche se la grande maggioranza dei noduli tiroidei è asintomatica questo non esclude il rischio di cancro alla tiroide. I noduli iperplastici e di grandi dimensioni possono portare a:
I noduli tossici possono essere associati a segni e sintomi dell'ipertiroidismo:
Mentre quelli freddi possono essere associati a segni e sintomi dell'ipotiroidismo:
Il nodulo viene normalmente individuato con l'esame fisico, riscontrando la disomogeneità della sua massa alla palpazione, che può individuare anche noduli che non si manifestano con ingrossamenti e tumefazioni alla base del collo. Sempre più spesso è rilevato incidentalmente, viene chiamato incidentaloma, nel corso di esami di imaging effettuati nell'area del collo per altri accertamenti.[26][27]
All'anamnesi, ispezione e palpazione segue normalmente l'indagine sulla funzionalità della tiroide.
La misurazione del TSH sierico è la migliore prova iniziale di laboratorio della funzione tiroidea e deve essere seguita dalla misurazione della tiroxina libera (FT4) e della triiodotironina libera (FT3) quando il valore TSH è diminuito e dalla misurazione degli anticorpi della perossidasi tiroidea (AbTPO) e FT4 quando il valore TSH è al di sopra dell'intervallo di riferimento.[16][26]
Una singola misurazione della calcitonina sierica non stimolata dovrebbe essere eseguita solo quando si sospetta un carcinoma midollare della tiroide.
In tutti i casi con noduli tiroide palpabili, gozzo multinodulare, sintomi di iper o ipotiroidismo, dovrebbe essere eseguita l'indagine ecografica con i seguenti obiettivi:
Non esistono segni ecografici rivelatori del cancro alla tiroide, ma svariati segni che possono far sospettare la malignità delle lesioni.
Caratteristiche ecografiche del nodulo[28][29] | |
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associate a più alto rischio di morbilità | associate a più basso rischio di morbilità |
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Non ci sono prove conclusive che, come tradizionalmente riportato, il nodulo solitario di grandi dimensioni comporti un rischio morbilità maggiore dei noduli multipli, senza nodulo dominante. L'indagine ecografica permette inoltre di individuare linfoadenomegalie o metastasi linfonodali associate alle neoplasie tiroidee.
L'indagine citologica viene normalmente eseguita con la biopsia dei tessuti aspirando dai noduli alcune cellule attraverso un sottile ago. Viene considerato il metodo più affidabile, in termini di sensibilità, specificità e accuratezza, per riconoscere la natura maligna dei noduli. L'agoaspirato, in sigla FNA dall'inglese fine needle aspiration viene normalmente eseguito sotto la guida dell'ecografia, per scegliere il nodulo e per centrare meglio l'area da cui prelevare i tessuti. Vista l'affidabilità e minima invasività, le più recenti linee guida raccomandano di eseguire l’agoaspirato su tutti i noduli con segni ecografici di sospetta malignità ≥ 10 mm, su tutti i noduli con basso o intermedio rischio di malignità ≥ 20 mm.[26] Quando l'FNA non fornisce adeguate informazioni citologiche, come può accadere con noduli particolarmente solidi, si può eseguire la biopsia tiroidea, in sigla CND, dall'inglese core needle biopsy, dove si utilizzano aghi trancianti di maggior calibro rispetto a quelli utilizzati per il FNA e si preleva un frammento di tessuto dal nodulo. L'indagine citologica permette una valutazione del rischio malignità con un conseguente suggerimento della terapia.
Classificazione italiana 2014 della citologia tiroidea[30] | |||
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Codice | Categoria diagnostica | Rischio di malignità atteso (%) | Azione clinica suggerita |
TIR1 | Non diagnostico | Non definito | Ripetere FNA con guida ecografica |
TIR1C | Non diagnostico cistico | Basso, variabile in base al quadro clinico | Valutare nel contesto clinico eventualmente ripetere FNA |
TIR2 | Non maligno/benigno | < 3 | Follow up |
TIR3A | Lesione indeterminata a basso rischio | < 10 | Ripetere FNA/follow up |
TIR3B | Lesione indeterminata ad alto rischio | 15-30 | Exeresi chirurgica |
TIR4 | Sospetto di malignità | 60-80 | Exeresi chirurgica con eventuale esame intraoperatorio |
TIR5 | Maligno | 95 | Exeresi chirurgica Approfondimento diagnostico in casi selezionati |
Il ruolo della scintigrafia, una volta esame cardine nella diagnostica della patologia nodulare tiroidea, è stato molto ridimensionato. Le più recenti linee guida limitano il suo utilizzo per il monitoraggio dei noduli iperfunzionanti specialmente nel quadro di una possibile terapia radiometabolica e per il riconoscimento dell'adenoma tossico o del gozzo multinodulare tossico a seguito del rilevamento di valori di TSH bassi.
Le cellule follicolari della tiroide utilizzano lo iodio per la sintesi degli ormoni tiroidei. Questo fa sì che iniettando in vena alcuni radionuclidi che sono identici o simili (iodomimetici) nelle loro proprietà chimiche allo iodio, questi dopo circa 15 minuti si accumulino nella tiroide.
La radiazione emessa dai radionuclidi viene rilevata da una gamma camera. L'indagine scintigrafica rilevando l'entità della captazione di tracciante radioattivo e la sua remissione nel tempo, valori che nello stesso nodulo possono differire a seconda del radionuclide utilizzato, permette di distinguere 2 tipi di noduli:
Si tratta generalmente di un adenoma (singolo o nell’ambito di un gozzo multinodulare) dotato di autonomia funzionale cioè sconnesso dal controllo ipofisario. Nel nodulo autonomo si accumulano più radionuclidi. Ha la capacità di inibire la captazione da parte del tessuto tiroideo sano e può essere “tossico”, può cioè produrre ormoni tiroidei in eccesso. I noduli caldi sono molto raramente maligni. In loro presenza si tende a escludere il rischio di cancro, ma possono portare all'ipertiroidismo.
I noduli che non assorbono o assorbono poco i traccianti radioattivi sono chiamati freddi. Sono per lo più benigni ma possono richiedere un'ulteriore indagine citologica per accertarne l'eventuale malignità. Nei paesi con iodio sufficiente fornire un singolo (solitari) è considerato nodi freddo fino a prova contraria come carcinoma della tiroide.
La maggior parte dei noduli sono isocaptanti o normofunzionanti, cioè né iperfunzionanti (cosiddetti caldi), né ipofunzionananti (cosiddetti freddi), questo non esclude completamente il rischio, per quanto basso, che siano maligni.
I trattamenti dei noduli tiroidei dipendono molto dalla loro natura e questo rende ancor più rilevante la loro identificazione e classificazione diagnostica. Mentre varie linee guida indicano abbastanza nettamente di trattare chirurgicamente i noduli maligni specialmente in presenza di carcinomi differenziati[26][31][32] a oggi non esiste un trattamento preferenziale per i noduli tiroidei non diagnosticati chiaramente come maligni. La supplementazione alimentare di iodio, nelle aree geografiche dove lo iodio è normalmente carente, può ridurre il volume dei noduli nelle fasi iniziali ma non è efficace sui noduli una volta che si sono formati.[26] Le principali opzioni terapeutiche attualmente disponibili per i noduli tiroidei sono rappresentate dalla terapia soppressiva con levotiroxina, dalla terapia radiometabolica, dall’alcolizzazione dei noduli e dalla chirurgia. A queste opzioni si è recentemente aggiunta la termoablazione con laser o con radiofrequenze.[26][33]
La terapia soppressiva consiste nel somministrare, sovradosandolo leggermente, l'ormone tiroideo levotiroxina (LT4) al fine di ridurre i valori di TSH e la stimolazione della attività tiroidea. L'efficacia di questa terapia è oggetto di controversia in quanto alcuni studi hanno evidenziato che la tendenza a crescere dei noduli tiroidei può persistere nonostante la terapia soppressiva e non viene raccomandata nelle linee guida. La somministrazione di LT4 a dosaggi non soppressivi è tuttora raccomandata per i giovani con ipotiroidismo subclinico o dovuto a tiroiditi autoimmuni e può essere considerata per giovani con un piccolo gozzo nodulare e valori di TSH non bassi.[26]
La terapia con iodio radioattivo o radiometabolica consiste nella somministrazione di iodio-radioattivo con dosaggi in grado di denaturare le proteine del tessuto tiroideo. Le radiazioni emesse dallo iodio radioattivo hanno un raggio di azione limitato a pochi millimetri e la dose di radiazioni a cui si espone l'organismo è relativamente bassa ed è specificamente concentrata nel tessuto tiroideo, sia normale sia tumorale.[33] La terapia con iodio radioattivo può essere considerata nei casi di gozzo iperfunzionante e/o sintomatico specialmente in soggetti già sottoposti a chirurgia tiroidea o per i quali la terapia chirurgica comporta specifici rischi.
Viene chiamata alcolizzazione la terapia con iniezioni percutanee di etanolo, in sigla PEI dall'inglese percutaneous ethanol injection. Consiste nell’iniezione di alcool etilico, mediante ago sottile, all’interno del nodulo tiroideo. Ciò determina la denaturazione delle proteine con conseguente necrosi coagulativa e trombosi dei piccoli vasi dei noduli tiroidei. La PEI non è raccomandata per i noduli solidi o per il gozzo multinodulare con noduli solidi, mentre è considerata sicura ed efficace per noduli cistici o grandi noduli con un'importante componente liquida al loro interno. La PEI è considerata il trattamento di prima scelta per i grossi noduli cistici recidivanti.[26][33]
L'intervento chirurgico può essere indicato nei seguenti casi:
Sono possibili varie procedure operative tradizionali:
Stanno emergendo tecniche sempre meno invasive come la "chirurgia video-assisitita minimamente invasiva" o la termoablazione percutanea con laser o radiofrequenza (medicale).