L'omicidio di Alexandra Mezher venne commesso il 25 gennaio 2016. La vittima, una ragazza svedese di 22 anni, fu accoltellata a morte da un rifugiato richiedente asilo in un centro d'accoglienza a Mölndal, in Svezia. L'aggressore fu inizialmente identificato in un somalo di 15 anni, ma in seguito fu accertato che ne avesse almeno 18.
Più di 160,000 richieste d'asilo sono state accettate in Svezia nel 2015; includendo 35,400 richieste da minori non accompagnati.[1] L'attacco avvenne in un clima di crescente preoccupazione riguardante l'aumento dei richiedenti asilo e dei crimini, l'attenzione nazionale crebbe a causa di molteplici episodi, inclusi gli accoltellamenti fatali di due persone in un negozio IKEA dell'agosto 2015, e le aggressioni di alcune ragazze a dei concerti nel 2014 e nel 2015. Le aggressioni documentate nei centri d'accoglienza in Svezia crebbero dalle 148 del 2014 alle 322 del 2015.[2][3] Secondo le recenti statistiche riguardanti l'arrivo di migranti, la polizia è stata chiamata per centinaia di aggressioni, risse, minacce ed incendi, inclusi due allarmi bomba, nove rapine e quattro stupri.[4]
L'attacco avvenne poco dopo la richiesta da parte del capo della polizia Dan Eliasson di aumentare di 4100 unità il corpo di polizia per coprire la richiesta sempre maggiore di domande di asilo, per effettuare espulsioni e per proteggere il paese contro il terrorismo.[1][5]
La Mezher, unica dello staff presente nel centro d'accoglienza al momento dell'aggressione,[5] fu accoltellata e subito portata in ospedale in fin di vita. Le ferite si rivelarono fatali. Due residenti nel centro, che ospitava undici giovani, aiutarono a fermare l'aggressore mentre stava ancora sferrando i colpi[6]
La polizia non comunicò le generalità dell'aggressore per tre giorni, al termine dei quali dichiararono che era stato identificato in Youssaf Khaliif Nuur, un quindicenne somalo. L'11 febbraio, il quotidiano svedese Göteborgs-Posten riportò che la Swedish Migration Agency, nella sua decisione di negare lo status di rifugiato a Nuur, determinò che avesse circa 18 anni.[7][8] Secondo l'accusa nel processo per l'omicidio, gli esami medici indicavano che fosse un adulto.[9] Una valutazione psichiatrica da parte del Centro di medicina forense svedese determinò che l'aggressore soffriva probabilmente di un disturbo mentale e consigliò un esame più approfondito prima del processo.[10]
Il centro d'accoglienza dove l'attacco ebbe luogo si trova vicino Gothenburg ed ospita minori tra i 14 e i 17 anni che arrivano in Svezia non accompagnati.[5] Il centro è gestito e di proprietà di HVB Living Nordic, che controlla quattro HVB-hem ("Case di cura"), quello di Mölndal è uno dei quattro centri.[11]
Gli impiegati del centro d'accoglienza hanno espresso preoccupazione per la loro sicurezza.[12] Una prima indagine riguardante la sicurezza sul lavoro è iniziata nel marzo 2016.[12]
Thomas Westin, capo della polizia di Stoccolma, ha descritto l'omicidio come "un crimine di alto profilo."[13]
La vittima, la 22enne Alexandra Mezher, lavorava al centro d'accoglienza nei mesi precedenti il suo omicidio per "fare del bene", secondo uno dei cugini.[1][2][14] Voleva continuare a lavorare nel sociale.[1] Proveniva da una famiglia cristiana libanese; il padre arrivò in Svezia nel 1989, seguito dalla madre tre anni più tardi.[5]
Il primo ministro svedese, Stefan Löfven, si recò sulla scena del crimine. Disse più tardi a Radio Sweden che "ritengo che ci siano molte persone in Svezia che credono ci possano essere sempre più casi simili mentre la Svezia continua a ricevere così tanti bambini e giovani che arrivano da soli".[15] Il giorno dopo l'omicidio, un editoriale dell'Expressen chiese l'espulsione per gli immigrati che avrebbero commesso crimini in futuro.[16] L'omicidio aumentò la preoccupazione sulle condizioni dei centri d'accoglienza nel paese,[17] sulla possibilità di migranti adulti di approfittarsi del sistema giuridico svedese registrandosi fraudolentemente come minori[18][19] e aumentò il clima di sfiducia verso i nuovi arrivi di migranti e della minaccia alla sicurezza che potrebbero rappresentare.[20]
Nel maggio 2016 l'aggressore fu accusato dell'omicidio della Mezher e il tentato omicidio di un residente nel centro di accoglienza. Secondo il capo d'accusa la Mezher fu accoltellata tre volte prima di fuggire in un'altra stanza, con uno dei colpi che le aveva reciso un vaso sanguigno nella coscia causandole una forte perdita di sangue. L'aggressore aveva tendenze suicide e disse di aver tentato il suicidio poco dopo l'attacco.[21]