Per il re e per la patria | |
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Il cadavere di un soldato si dissolve nel fango | |
Titolo originale | King and Country |
Paese di produzione | Regno Unito |
Anno | 1964 |
Durata | 88 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | drammatico |
Regia | Joseph Losey |
Soggetto | dalla pièce teatrale di John Wilson, basata su un racconto di James Lansdale Hodson |
Sceneggiatura | Evan Jones |
Produttore | Joseph Losey, Norman Priggen, Richard Goodwin (produttore associato) |
Produttore esecutivo | Daniel M. Angel |
Fotografia | Denys N. Coop |
Montaggio | Reginald Mills |
Musiche | Larry Adler |
Scenografia | Richard Macdonald (production designer) e Peter Mullins (art director) |
Trucco | Bob Lawrence |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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«È un film di guerra in cui non si tira un solo colpo di fucile, tranne che nella scena dell'esecuzione. Non c'è alcuna violenza fisica. Ma credo che ci sia molta violenza morale e spirituale, per lo meno lo spero.[1]»
Per il re e per la patria (King and Country) è un film del 1964 diretto da Joseph Losey.
Il regista statunitense di film e lavori teatrali, autoesiliatosi in Inghilterra per sfuggire al maccartismo, trasse il soggetto dalla pièce teatrale Hamp di John Wilson.
Fu presentato in concorso alla 29ª Mostra del cinema di Venezia, dove Tom Courtenay vinse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile.
Nel 1917 sul fronte occidentale della prima guerra mondiale a Passchendaele, dove sta per svolgersi una decisiva e imponente offensiva degli inglesi contro le trincee tedesche[2] il soldato inglese Hamp, che da tre anni è in prima linea, viene colpito da choc[3] per la vicina esplosione di una bomba. Unico sopravvissuto, disorientato ed inorridito per la strage dei compagni che lo circonda, decide di tornare a casa dove scoprirà il tradimento della moglie. Mentre sta tornando in prima linea viene arrestato per diserzione e condotto davanti alla corte marziale.
Le gerarchie militari hanno già deciso che il disertore debba essere fucilato nel giro di ventiquattro ore per dare un esempio alla truppa prima dell'attacco ma per obbedire alle forme legali incaricano della difesa dell'accusato il capitano Hargreaves che cerca di sottrarsi all'inutile e spiacevole compito convinto com'è che debba assistere un vigliacco anzi, come gli appare dai primi incontri, uno stupido fortemente persuaso che tutto si risolverà con una punizione disciplinare.
Il capitano capisce da un lungo colloquio che Hamp in buona fede non si sente colpevole e che non è uno stupido simulatore che cerca di mascherare la sua viltà ma un ingenuo, incapace di mentire, convinto candidamente che il suo comportamento sia stato travisato. Il soldato Hamp sarà fucilato dai suoi stessi camerati (molti dei quali poco dopo moriranno nella carneficina della battaglia di Passchendaele) e toccherà al suo difensore, il capitano Hargreaves, che ha tentato inutilmente di salvargli la vita, dargli il colpo di grazia.
«Volevo che tutto il film desse una rappresentazione della realtà più ampia della vita, ma capace tuttavia di offrire un'immagine sincera, insopportabile, inevitabile, della stupidità e dell'orrore, di ciò che gli uomini possono fare gli uni agli altri.[4]»
Il film di Losey «è considerato, con Orizzonti di gloria (1957), il capolavoro del cinema antimilitarista del dopoguerra. Dramma-dibattito, è un film che oscilla tra l'opera a tesi alla Brecht e la ricerca visiva di Losey.»[5]
Il regista riproduce lo spazio teatrale del dramma ambientando il racconto in un ristretto e cupo ambiente di trincea ricostruito in studio che genera nello spettatore un senso di oppressione e di clausura, accentuato dalla pioggia incessante e da cupi rimbombi di cannone in lontananza. Il fitto susseguirsi dei dialoghi tra Hamp e il suo difensore coinvolge lo spettatore che a poco a poco si sente quasi persuaso delle ragioni che il soldato porta come prova di quella che egli considera una semplice trasgressione.
Non ci sono scene di guerra come nei classici film del genere ma la guerra è comunque vissuta realmente nella follia e nel cinismo delle gerarchie militari che in nome del meccanismo del Potere non esitano a condannare un uomo alla morte affinché periscano altre migliaia di uomini.[6]