Picea martinezii | |
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Stato di conservazione | |
In pericolo[1] | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Divisione | Pinophyta |
Classe | Pinopsida |
Ordine | Pinales |
Famiglia | Pinaceae |
Genere | Picea |
Specie | P. martinezii |
Nomenclatura binomiale | |
Picea martinezii T.F.Patt., 1988 | |
Sinonimi | |
Picea chihuahuana subsp. martinezii (T.F.Patt.) Silba | |
Nomi comuni | |
(IT) Peccio di Martinez | |
Areale | |
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Picea martinezii T.F.Patt., 1988 è una rara specie di peccio, appartenente alla famiglia delle Pinaceae, originaria della Sierra Madre Orientale (Montemorelos, Aramberri), in Messico.[1]
Il nome generico Picea, utilizzato già dai latini, potrebbe, secondo un'interpretazione etimologica, derivare da Pix picis = pece, in riferimento all'abbondante produzione di resina.[2] Il nome specifico martinezii fu assegnato in onore del botanico messicano Maximino Martínez.[3]
Albero che può raggiungere i 35-40 m di altezza; i rami del primo ordine si sviluppano orizzontalmente, quelli del secondo ordine, negli esemplari maturi, possono essere pendenti. I germogli sono robusti, di colore marrone pallido o arancione-marrone.[4]
Le foglie sono aghiformi, di colore verde lucido, lunghe 2,3-2,8 cm, con stomi non appariscenti e particolarmente appuntite con una piccola spina all'apice.[4]
I coni femminili sono cilindrici, lunghi 11-16 cm e larghi fino a 6 cm, inizialmente verdi, poi marroni-arancioni. I macrosporofilli sono distanziati, circa 12-16 in 10 cm di lunghezza di cono a maturazione; sono lunghi 26-32 mm e larghi 21-25 mm, con apici arrotondati. I semi sono neri, lunghi 4-5 mm con parte alata lunga 15 mm.[4]
Una delle due località dove vegeta P. martinezii è costituita da un canyon riparato, con sedimenti grossolani calcarei provocati da frane dei versanti, a circa 2100-2200 metri di quota. Questo habitat è privo di acque superficiali, ma le frequenti precipitazioni e le nebbie forniscono l'umidità necessaria a permettere la sopravvivenza di una foresta mista di montagna. Tra le conifere si ritrovano Abies vejarii, Taxus globosa e specie di Pinus; tra le caducifoglie sono presenti specie dei generi Quercus, Tilia, Ostrya, Cornus, Ilex, Juglans e Crataegus.[1]
Considerata per parecchio tempo un sinonimo di P. chihuahuana da taluni autori tassonomici, questo taxon è stato incontrovertibilmente riconosciuto autonomo anche attraverso studi genomici più recenti (Ledig et al. 2004); essendo comunque imparentato con P. chihuahuana, è aperta la discussione se il rango di specie possa essere adeguato, o se piuttosto possa essere meglio classificato come sottospecie o varietà.[4]
Tradizionalmente sfruttato da segherie locali per il suo legno utilizzato in edilizia e carpenteria, attualmente è protetto da leggi conservative. Sono stati effettuati tentativi di introduzione in arboreti ubicati in Europa, Australia e Nuova Zelanda, ma pochi sono gli esemplari sopravvissuti.[1]
Con un areale primario stimato in 16 km² e un areale secondario stimato in 565 km², P. martinezii ha una popolazione di individui maturi di meno di 800 esemplari. Le due uniche località in cui vegeta sono sottoposte a deforestazione illegale e al rischio elevato di incendi boschivi per cui è possibile un ulteriore declino del 20 % di popolazione nelle due prossime generazioni. Un'ulteriore considerazione è legata ai cambiamenti climatici, in quanto le specie di pecci messicane sono relitti dell'era glaciale e pertanto molto sensibili agli stessi; per questi motivi è classificata come specie in pericolo nella Lista rossa IUCN.[1]