Il postminimalismo è un termine artistico coniato (come post-minimalismo) da Robert Pincus-Witten nel 1971,[1] utilizzato in vari campi artistici per il lavoro da cui è influenzato, o tenta di sviluppare e andare oltre l'estetica del minimalismo. L'espressione è usata specificamente in relazione alla musica e alle arti visive, ma può riferirsi a qualsiasi campo usando il minimalismo come punto di riferimento critico. Nella musica, il postminimalismo si riferisce alla musica che segue la musica minimale.
Nell'arte visiva, l'arte postminimalista usa il minimalismo come punto di riferimento estetico o concettuale. Il postminimalismo è più una tendenza artistica di un movimento particolare. Le opere d'arte postminimaliste sono solitamente oggetti di uso quotidiano, usano materiali semplici e talvolta assumono un'estetica "pura", formalista. Tuttavia, dal momento che il postminimalismo comprende un gruppo di artisti così vario e disparato, è impossibile enumerare tutte le coerenze e le somiglianze tra di loro.
Anche il lavoro di Eva Hesse è postminimalista: usa "griglie" e "serialità", temi spesso trovati nel minimalismo, ma è anche solitamente fatto a mano, introducendo un elemento umano nella sua arte, in contrasto con la macchina o opere di minimalismo su misura. Richard Serra è un importante post-minimalista.[2]
Nel suo uso musicale generale, postminimalismo si riferisce a opere influenzate dalla musica minimalista ed è generalmente categorizzato all'interno del meta-genere musica d'arte. Lo scrittore Kyle Gann[3] ha usato il termine più strettamente per indicare lo stile che fiorì negli anni '80 e '90 e caratterizzato da:
Procedure minimaliste come il processo additivo e sottrattivo sono comuni nel postminimalismo, sebbene di solito in forma mascherata e lo stile ha anche mostrato una capacità di assorbire influenze dalla musica mondiale e popolare (gamelan balinese, bluegrass, cantillazione ebraica e così via).
Uno stile musicale derivato dal minimalismo è il totalismo.