Materia prima o prima materia è un termine latino che significa «materia prima», traducibile anche come «materia primordiale», «originaria», ricorrente in filosofia e in alchimia. Esso identifica quel sostrato fondamentale da cui si sarebbe originata la composizione della realtà materiale nei suoi più diversi aspetti, e che gli antichi filosofi greci chiamavano archè.
Il termine risale ad Aristotele, il quale insegnava che le realtà concrete sono costituite dalla materia (hyle) e dalla forma (morphé), da cui il vocabolo «ilemorfismo». La materia arcaica o primordiale, ancora allo stato informe, era da lui chiamata πρώτη ὕλη (pròtê hùlê); quest'espressione è stata appunto tradotta in latino come materia prima.[1]
Il termine ha assunto una particolare rilevanza all'interno della scolastica medievale.[2] In quanto sinonimo di essenza è stato così utilizzato anche in alchimia.
Per gli alchimisti la materia prima costituiva la sostanza fondamentale e incorrotta da cui ha avuto origine il mondo, e tramite la quale diventava possibile operare qualsiasi trasmutazione di sorta, riducendo ogni materiale a questa sua matrice originaria secondo il motto latino solve et coagula («sciogli e condensa»), ovvero dissolvendolo per poi ricomporlo in una forma più nobile. Nella materia prima consisteva pertanto il segreto della pietra filosofale.[3]
Per produrre quest'ultima, seguendo in particolare la cosiddetta «via umida», la materia prima poteva invece significare, in alternativa, il materiale di partenza della Grande Opera alchemica, dal quale occorreva separare, tramite sublimazione, due tipologie di nature, ignea e mercuriale, associate rispettivamente al Sole e alla Luna (fase della nigredo), per poi ricongiungerle in parti uguali e celebrare il matrimonio chimico (albedo).[4] Dalla loro unione sarebbe nato il «bambino», ovvero la pietra rossa, capace di convertire i metalli vili in oro (rubedo).[4]
Gli alchimisti, al riguardo, identificarono la materia prima con le sostanze più diverse, attribuendovi anche molteplici nomi, spesso criptici. Nel Medioevo, tradizionalmente, la si individuava nell'antimonio,[4] ma poteva risultare indicata anche l'urina dei bambini, l'acqua piovana, il mercurio, il sangue, la rugiada, la celidonia, il muschio, la drosera, il piombo, il miele, l'aceto, il cinabro, ecc.[5] sebbene tali termini avessero più che altro un significato allegorico ed è probabile che non si riferissero in realtà ad un composto specifico.[3] Tommaso d'Aquino ad esempio parlava di un'«acqua remota»:
«Sane potest illa potentia deduci in actum, quamvis Aristoteles vel Avicenna dicant: Sciant artificies Alchemiae nunquam species vere transmutari posse, sed postea sequitur, nisi fiat reductio in primam materiam: Materia autem prima secundum quod dictum est omnium metallorum propinqua est argentum vivum, sed materia est remota aqua.»
«Certamente la potenza può tradursi in atto, come affermano Aristotele o Avicenna. Gli alchimisti sanno che le specie non possono mai realmente essere trasmutate; ciò accade dopo che sia stata operata la riduzione alla materia prima; come è detto, fra tutti i metalli questa è vicina all'argento vivo, ma la materia è un'Acqua remota.»
Altri nomi dati alla materia prima potevano essere: Azoth, Spirito, Anima mundi, Adamo, lapis philosophorum, Eva, acqua vitae, veleno, Vergine, serpente, microcosmo, ecc.[3] Nella tradizione ermetica si fa riferimento all'etere come la materia prima di natura sottile che ha dato luogo ai quattro elementi di cui è fatta la natura: fuoco, aria, acqua e terra.[7]