«Longa post haec senecta, et adversus superiores tristi adulatione, adrogans minoribus, inter pares difficilis.»
«Ebbe lunga vecchiezza, pieno di servile adulazione verso i superiori, arrogante verso gli inferiori, sdegnoso con gli eguali.»
Quinto Curzio Rufo | |
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Console dell'Impero romano | |
Nome originale | Quintus Curtius Rufus |
Nascita | tra 15 e 10 a.C. |
Morte | 51/52 o 58/59 Africa |
Gens | Curtia |
Questura | ultimissimi anni di Augusto o primissimi anni di Tiberio |
Pretura | tra 16 e 21 |
Consolato | ottobre-dicembre 43 (suffetto) |
Proconsolato | Africa, 51/52 o 58/59 |
Legatus Augusti pro praetore | Germania superiore, 46/47-49 |
Quinto Curzio Rufo (in latino: Quintus Curtius Rufus; tra 15 e 10 a.C. circa – Africa, 51/52 o 58/59) è stato un magistrato e senatore romano, console dell'Impero romano.
Delle umilissime origini di Rufo, evidentemente homo novus[1][2][3], già nell'antichità si parlava diffusamente: il princeps Tiberio pare aver detto a riguardo che "a me sembra che Curzio Rufo sia nato da se stesso"[4], mentre Tacito riporta la voce che fosse addirittura figlio di un gladiatore, se non peggio:
«De origine Curtii Rufi, quem gladiatore genitum quidam prodidere, neque falsa prompserim et vera exsequi pudet.»
«Intorno all'origine di Curzio Rufo, che alcuni tramandarono nato da un gladiatore, non vorrei dire il falso e, d'altra parte, sento una certa vergogna a narrare la verità.»
È stata ipotizzata una sua origine dalla Gallia Transpadana o persino Narbonese[1][5][6], in particolare dalla città di Arausio[7], ma, data la scarsità di prove addotte, l'ipotesi è stata contestata[3][8][9][10][11].
Le notizie sulla carriera di Rufo sono testimoniate interamente da due passi degli Annales di Tacito[12] e da un passo delle Lettere di Plinio il Giovane[13].
La sua data di nascita è stata collocata[14][15] tra 15[16] e 10 a.C.[17] Giunto all'età adulta, il primo incarico lo vede al seguito di un questore pro praetore in Africa[13][18], probabilmente negli ultimi anni del principato di Augusto[3]: in questa occasione, sia Tacito che Plinio riportano lo stesso aneddoto relativo ad un fatale praesagium:
«Postquam adolevit, sectator quaestoris, cui Africa obtigerat, dum in oppido Adrumeto vacuis per medium diei porticibus secretus agitat, oblata ei species muliebris ultra modum humanum et audita est vox: "Tu es, Rufe, qui in hanc provinciam pro consule venies".»
«Giunto alla virilità, essendo al seguito del questore della provincia d'Africa, mentre un giorno si trovava solo sotto i portici deserti di Adrumeto, intorno all'ora meridiana, vide il fantasma di una donna di statura più che umana ed udì una voce che gli diceva: "Tu, o Rufo, verrai proconsole in questa provincia".»
Plinio aggiunge inoltre:
«Tenuis adhuc et obscurus, obtinenti Africam comes haeserat. Inclinato die spatiabatur in porticu; offertur ei mulieris figura humana grandior pulchriorque. Perterrito Africam se futurorum praenuntiam dixit: iturum enim Romam honoresque gesturum, atque etiam cum summo imperio in eandem provinciam reversurum, ibique moriturum. Facta sunt omnia. Praeterea accedenti Carthaginem egredientique nave eadem figura in litore occurrisse narratur. Ipse certe implicitus morbo futura praeteritis, adversa secundis auguratus, spem salutis nullo suorum desperante proiecit.»
«Essendo ancora povero e oscuro si era messo al seguito del magistrato che aveva sorteggiato l'Africa. Verso il calar del giorno passeggiava sotto un porticato: gli appare una figura di donna, più grande e bella del naturale, che a lui tutto tremante disse esser l'Africa e gli preannuncia l'avvenire; egli andrà infatti a Roma e vi ricoprirà delle cariche, poi con il massimo potere ritornerà nella stessa provincia e vi morirà. Tutto ciò si è avverato. Ancora una volta, mentre egli si avvicinava a Cartagine e stava sbarcando, si dice gli venisse incontro sul litorale la stessa figura. Certo è che, caduto ammalato, e prevedendo l'avvenire dal passato, gli eventi avversi dai favorevoli, egli, mentre nessuno dei suoi disperava, perdette la speranza di guarire.»
Ritornato a Roma, presumibilmente esortato da queste predizioni[18], Rufo riuscì ad ottenere un posto da questore grazie agli aiuti monetari di alcuni amici e al proprio acre ingenium[18]: ciò sembra essere avvenuto nei primissimi anni di Tiberio[19][20][21] o persino al termine del principato di Augusto[16]. In seguito, dopo aver sicuramente ricoperto anche il tribunato della plebe o l'edilità[2], Rufo riuscì, nonostante la competizione dei nobiles, persino ad ottenere l'appoggio dello stesso princeps Tiberio, deciso a ricompensarne l'intraprendenza[22][23], che lo portò a ricoprire la pretura[18], presumibilmente tra il 16 e il 21[3][14]. Per più di vent'anni, però, non si sente più parlare di Rufo: è stato ipotizzato che possa essere stato legato al prefetto del pretorio Seiano[17], ma l'ipotesi è indimostrabile allo stato attuale delle nostre conoscenze[1]; in ogni caso, è chiaro che la sua carriera subì un grande rallentamento[3][24][25].
Solo sotto Claudio[26], infatti, Rufo riemerge, arrivando però al vertice dello stato romano[18]: egli è infatti attestato come console suffetto per i mesi da ottobre a dicembre del 43[3][24] al fianco di Spurio Oppio[27][28][29], sostituendo Aulo Gabinio Secondo e il suo ignoto collega (forse Pompeo Pedone o Publio Anteio Rufo o Gaio Calpurnio Pisone o Publio Ostorio Scapula)[30]. È stato proposto che la sua nomina in un periodo di assenza del princeps, impegnato nella conquista della Britannia, fosse stata favorita dai suoi umili natali[5][31], dopo che la congiura di Scriboniano e Viniciano dell'anno precedente aveva portato Claudio a diffidare dei ceti senatorii tradizionali[5].
La carriera di Rufo non terminò però con il consolato. Un'altra notizia di Tacito lo colloca infatti in Germania superiore come legatus Augusti pro praetore nel 47[32]: il suo mandato è stato ricostruito dal 46/47 fino al 49[2][3], con Rufo che sostituì Gaio Vibio Rufino e fu rimpiazzato da Publio Pomponio Secondo[2][33][34]. Tacito racconta che, nel 47, contemporaneamente al suo omologo in Germania inferiore Gneo Domizio Corbulone[32], Rufo ricevette gli ornamenta triumphalia da Claudio[35] per operazioni civili (sempre più importanti come funzioni dell'esercito[36]), come degli scavi nel territorio dei Mattiaci (presso l'attuale Wiesbaden[37]) alla ricerca di vene d'argento[32]: i lavori furono brevi, poco fruttuosi e faticosi, tanto che i soldati, spossati da tali fatiche, avrebbero inviato allo stesso princeps una lettera che lo esortava a concedere gli ornamenta ai governatori ancora prima che arrivassero nelle loro province[32]. Non sono attribuite esplicitamente a Rufo operazioni militari[2], ed è incerto che avesse un passato nell'esercito[1][38]: in ogni caso, se due iscrizioni da Vindonissa si riferiscono al mandato di Rufo[39][40], i principia dell'accampamento furono completati in pietra sotto di lui[2].
Infine, l'ultimo incarico di Rufo fu, come predettogli dalla figura sovrumana quando era ancora giovane, il proconsolato d'Africa[13][18], durante il quale incarico morì di malattia[13][18]. Il mandato africano di Rufo è generalmente collocato sotto Nerone, in particolare nel 58/59[1][2][33][41], sulla base della testimonianza di Tacito secondo cui Rufo avrebbe goduto di longa senecta[18], anche se una simile datazione contravverrebbe alle norme tipiche del primo impero del criterio di anzianità (Rufo, console nel 43, sarebbe inserito come proconsole tra Gneo Osidio Geta, console nel 47, e Aulo Vitellio, console nel 48) e degli otto/dieci anni di distanza tra consolato e proconsolato (Rufo sarebbe stato proconsole ben quindici anni dopo il consolato)[42]: sulla base di ciò, Annalisa Tortoriello[43] ha proposto una datazione al 51/52, più in linea con i criteri esposti[3].
Risulta invece ancora molto dibattuta la questione dell'identità di Rufo con il Quinto Curzio Rufo attestato come retore[44] e soprattutto autore delle Historiae Alexandri Magni macedonis: molti indizi spingono effettivamente a collocare l'opera in età claudia (con inizio in età caligolea[45]) e a identificare l'autore con il console del 43[11][17][45][46][47][48][49][50][51], ma il dibattito resta ancora aperto[3][24][52][53].