La resistenza agli ormoni tiroidei (nota anche come sindrome di Refetoff) è una sindrome rara caratterizzata dalla mancata risposta periferica, parziale o totale, degli organi bersaglio all’azione degli ormoni tiroidei. In questa condizione i livelli di ormone tiroideo risultano elevati, ma l'ormone tiroideo stimolante (TSH) non è ridotto o non è completamente soppresso come fisiologicamente previsto.
La prima descrizione sulla condizione apparve nel 1967.[1] Fondamentalmente si tratta di una ridotta reattività degli organi terminali agli ormoni tiroidei.[2] Un nuovo termine "alterata sensibilità all'ormone tiroideo" è stato suggerito nel marzo 2014 da Refetoff et al.[3]
La sindrome può presentare sintomi variabili, anche tra membri della stessa famiglia che ospitano la stessa mutazione.[1] In genere la maggior parte o tutti i tessuti sono resistenti all'ormone tiroideo, quindi nonostante le misure aumentate dell'ormone tiroideo sierico l'individuo può apparire eutiroideo (non ha sintomi di iperattività o insufficienza della tiroide).
I sintomi più comuni sono il gozzo e la tachicardia . È stato anche collegato ad alcuni casi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), sebbene la maggior parte delle persone con quella diagnosi non abbia problemi alla tiroide.[4]
È stata proposta un'associazione con la depressione.[5]
La normale funzione dell'ormone tiroideo richiede il normale trasporto dell'ormone tiroideo attraverso la membrana cellulare, la deiodinazione appropriata, il recettore nucleare dell'ormone tiroideo, gli elementi di risposta dell'ormone tiroideo, i co-attivatori, i co-repressori e la normale acetilazione dell'istone. Qualsiasi anomalia in questa catena può causare resistenza agli ormoni tiroidei, sebbene questo meccanismo non è stato studiato tanto bene quanto le varie forme di insulino-resistenza.
La causa più nota della sindrome sono le mutazioni della forma β (beta) (gene THRB) del recettore dell'ormone tiroideo, di cui sono state documentate oltre 100 diverse mutazioni.[6]
Anche le mutazioni in MCT8 e SECISBP2 sono state associate a questa condizione.[7]
L'ipotalamo secerne un ormone chiamato ormone di rilascio della tireotropina (TRH) che a sua volta rilascia l'ormone stimolante la tiroide (TSH). Il TSH segnala alla tiroide la secrezione di ormoni tiroidei tiroxina (T4) e triiodotironina (T3). La T4 viene convertita in T3 attiva nei tessuti periferici con l'aiuto degli enzimi deiodinasi. La T3 esercita un feedback negativo sull'ipofisi e diminuisce la secrezione di TSH.
I risultati caratteristici degli esami del sangue per questo disturbo si possono trovare anche in altri disturbi (ad esempio un adenoma ipofisario TSH-secernente). La diagnosi può comportare l'identificazione di una mutazione del recettore tiroideo, presente in circa l'85% dei casi.[8]
I beta-bloccanti, come il metoprololo, sono talvolta usati per aiutare a sopprimere i sintomi.
La sindrome da resistenza agli ormoni tiroidei è rara, l'incidenza è variamente indicata come 1 su 50.000 o 1 su 40.000 nati vivi.[9] Più di 1000 individui sono stati identificati con resistenza agli ormoni tiroidei, di cui l'85% presentava una mutazione del recettore beta dell'ormone tiroideo.[7]