La Riforma economica del 1965 detta anche Riforma Kosygin, fu un tentativo di riforma attuata dal primo ministro Aleksej Kosygin. La riforma interessava la pianificazione e la gestione economica; la riforma era caratterizzata dall'introduzione di metodi capitalistici di gestione[non chiaro], da una maggiore indipendenza economica delle imprese, delle associazioni e delle organizzazioni, e l'ampio uso di metodi di incentivi materiali.
La riforma è stata avviata a causa della crescente complessità delle relazioni economiche, che ha ridotto l'efficacia della programmazione economica, e dal desiderio di sfruttare maggiormente la crescita economica. È stato riconosciuto che l'attuale sistema di pianificazione non motivava le imprese a raggiungere elevati obiettivi o di introdurre innovazioni organizzative o tecniche.[1] Le idee fondamentali della riforma furono pubblicate in un articolo dal professor Evsei Liberman dell'Istituto Charkiv di Ingegneria ed Economia. Questo lavoro ha segnato l'inizio di un ampio dibattito economico sulla stampa sovietica, e disegnò ampia critica. Diversi esperimenti economici furono avviati per verificare le proposte di Liberman. I riformatori chiedevano maggiore libertà per le imprese individuali dai comandi esterni e cercarono di trasformare gli obiettivi delle imprese economiche per aumentare i profitti.
Il primo ministro Aleksej Kosygin sostenne le proposte di Liberman e riuscì ad inserirle in un programma di riforma economica generale approvato nel settembre 1965. Questa riforma prevedeva l'abolizione dei consigli economici regionali di Chruščёv (Sovnarchozy) a favore di resuscitare i ministeri industriali centrali dell'era di Stalin. La riforma fu attuata dal Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e dal Consiglio dei ministri. Si trattava di cinque "gruppi di attività":
A causa dell'opposizione interna del partito e di dirigenti economici locali e centrali troppo prudenti, la riforma non riuscì completamente. Gli stipendi dei cittadini sovietici aumentarono di 2,5 volte durante le riforme, ed aumentarono notevolmente i beni di consumo e gli elettrodomestici.[2]