Nell'Impero romano Rosalia, o Rosaria, era la festa delle rose, celebrata in diversi momenti, in particolar modo a maggio, che proseguiva fino alla metà di luglio. L'osservanza della festività era chiamata a volte rosatio (decorare con le rose) o i dies rosationis, "i giorni degli ornamenti con le rose", e poteva essere celebrata anche con le violette (violatio, decorare con le viole, o violae o dies violationis, "i giorni degli ornamenti con le viole")[1]. Essendo una commemorazione dei defunti, la rosatio era una pratica sviluppatasi dall'uso di porre dei fiori nei siti di sepoltura. Era una tra le tante usanze religiose che i Romani praticavano in privato per prendersi cura dei morti, la quale rifletteva allo stesso tempo il valore attribuito alla tradizione (mos maiorum, "la via degli antenati"), al lignaggio familiare e ai memoriali, dalle piccole iscrizioni alla grandi opere pubbliche. Sul calendario romano molte date figuravano come giorni festivi o giorni commemorativi dedicati ai morti.[2]
In quanto espressione religiosa, la rosatio poteva anche essere offerta alla statua di culto di una divinità, o ad altri oggetti che venivano venerati. A maggio, l'esercito celebrava il Rosaliae signorum, la festività delle rose nella quale adornavano gli stendardi militari con ghirlande. Le feste di associazioni private e circoli erano documentate da almeno quarantuno iscrizioni in latino e sedici in greco, dove l'osservanza è spesso chiamata rhodismos[3].
I fiori erano tradizionalmente un simbolo di ringiovanimento, rinascita e di ricordo, con il colore rosso e viola delle rose e delle violette che si credeva evocasse il colore del sangue, come una sorta di rito propiziatorio[4]. Il loro periodo di fioritura coinvolge tutta la primavera, in quanto le viole sono i primi fiori a fiorire e le rose gli ultimi[5]. Essendo parte sia dei banchetti festivi, sia di quelli funebri, le rose adornavano "uno strano pasto...di vita e morte assieme, considerati come due aspetti dello stesso interminabile e sconosciuto processo[6]". In alcune aree dell'Impero, la Rosalia era assimilata ad alcuni elementi floreali delle feste di primavera organizzate per Dioniso, Adone e altre divinità, ma l'uso delle rose come pratica ornamentale non era strettamente legata al culto di alcune di esse, e infatti si prestò bene anche alle commemorazioni cristiane ed ebraiche[7]. I primi scrittori cristiani trasferirono l'immagine delle ghirlande e delle corone di rose e viole al culto dei santi.