Rutherford (motore)

Motore Rutherford
Paese di origineStati Uniti
ProgettistaRocket Lab
Principale costruttoreRocket Lab
ApplicazioneMotore di primo e secondo stadio
StatusIn produzione
Motore a propellente liquido
PropellenteLOX / RP-1
Configurazione
Camera1
Prestazioni
Spinta (vuoto)
  • Originale: 24 chilonewton (2 400 kgf)
  • Aggiornato: 26 chilonewton (2 700 kgf)
Spinta (livello del mare)
  • Originale: 24 chilonewton (2 400 kgf)
  • Aggiornato: 25 chilonewton (2 500 kgf)
TWR72.8
Isp (vuoto)343 secondi (3,36 km/s)
Isp (livello del mare)311 secondi (3,05 km/s)
Dimensioni
Diametro25 cm
Peso a vuoto35 kg
Usato in
Electron

Rutherford è un motore a razzo a propellente liquido progettato dalla società aerospaziale americano-neozelandese Rocket Lab[1] e prodotto in California.[2] Utilizza il LOX e l'RP-1 come propellenti ed è il primo motore a volare ad utilizzare il ciclo di alimentazione a pompa elettrica. Viene utilizzato sul razzo della società stessa, l'Electron. Il razzo utilizza una disposizione del motore simile a quella del Falcon 9; un razzo a due stadi che utilizza un gruppo di nove motori identici sul primo stadio, e una versione ottimizzata per il vuoto con una camera più lunga sul secondo stadio.[3][4] La versione a livello del mare produce 24 kN (2400 kgf) di spinta e ha un impulso specifico di 311 s (3,05 km/s), mentre la versione ottimizzata per il vuoto produce 24 kN (2400kgf) di spinta e ha un impulso specifico di 343 s (3,36 km/s).[5]

Il primo test ha avuto luogo nel 2013.[6] Il motore è stato omologato per il volo nel marzo 2016[7] e ha effettuato il suo primo volo il 25 maggio 2017.[8] A partire dal luglio 2020, il motore ha effettuato 13 voli di Electron in totale, per un totale di 130 motori che hanno volato.

Rutherford prende il nome dal famoso scienziato neozelandese Ernest Rutherford. Si tratta di un piccolo motore a razzo a propellente liquido progettato per essere semplice ed economico da produrre. Viene utilizzato sia come motore di primo che di secondo stadio, il che semplifica la logistica e migliora le economie di scala.[3][4] Per ridurre il suo costo, utilizza il ciclo di alimentazione a pompa elettrica, ed è il primo motore a volare di questo tipo.[9] È realizzato in gran parte con la stampa 3D, utilizzando un metodo chiamato EBM (Electron Beam Melting). La sua camera di combustione, gli iniettori, le pompe e le valvole principali del propellente sono tutte stampate in 3D.[9][10][11]

Come tutti i motori alimentati a pompa, Rutherford utilizza una pompa rotodinamica per aumentare la pressione dai serbatoi a quella necessaria alla camera di combustione.[9] L'uso di una pompa evita la necessità di serbatoi pesanti in grado di mantenere alte le pressioni e le elevate quantità di gas inerte necessarie per mantenere i serbatoi in pressione durante il volo.[12]

Le pompe (una per il carburante e una per l'ossidante) nei motori ad alimentazione a pompa elettrica sono azionate da un motore elettrico.[12] Il motore Rutherford utilizza due motori elettrici a corrente continua brushless e una batteria ai polimeri di litio. Si sostiene che questo migliora l'efficienza dal 50% di un tipico motore a ciclo di generazione a gas al 95%.[13] Tuttavia, il pacco batteria aumenta il peso del motore completo e presenta un problema di conversione dell'energia.[12]

Ogni motore ha due piccoli motori elettrici che generano 37 kW (50 hp) mentre girano a 40 000 giri/min.[13] La batteria del primo stadio, che deve alimentare le pompe di nove motori contemporaneamente, può fornire oltre 1 MW (1.300 hp) di potenza elettrica.[14]

Il motore viene raffreddato in modo rigenerativo, il che significa che prima dell'iniezione una parte di RP-1 freddo viene fatta passare attraverso i canali di raffreddamento incorporati nella camera di combustione e nella struttura degli ugelli, trasportando il calore lontano da essi, prima di essere infine iniettata nella camera di combustione.

  1. ^ (EN) Rocket Lab Reveals First Battery-Powered Rocket for Commercial Launches to Space, su Rocket Lab. URL consultato il 28 agosto 2020.
  2. ^ (EN) Alex Knapp, Rocket Lab Becomes A Space Unicorn With A $75 Million Funding Round, su Forbes. URL consultato il 28 agosto 2020.
  3. ^ a b Electron-NLV, su b14643.de. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2018).
  4. ^ a b Electron-NLV, su b14643.de. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2018).
  5. ^ (EN) Updates, su Rocket Lab. URL consultato il 28 agosto 2020.
  6. ^ (EN) 10 things about Rocket Lab, su NBR, 27 maggio 2017. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 21 maggio 2021).
  7. ^ » Rutherford Engine Qualified for Flight, su web.archive.org, 25 aprile 2016. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2016).
  8. ^ (EN) Rocket mission soars from New Zealand, in BBC News, 25 maggio 2017. URL consultato il 28 agosto 2020.
  9. ^ a b c » Propulsion, su web.archive.org, 19 settembre 2016. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 19 settembre 2016).
  10. ^ (EN) Grant Bradley Aviation, tourism and energy writer for the NZ Herald, Rocket Lab unveils world's first battery rocket engine, in NZ Herald, 14 aprile 2015. URL consultato il 28 agosto 2020.
  11. ^ A 3D-Printed, Battery-Powered Rocket Engine | Popular Science, su web.archive.org, 31 gennaio 2016. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 31 gennaio 2016).
  12. ^ a b c Rachov, Pablo; Tacca, Hernán; Lentini, Diego (2013). (PDF), su aacademica.org.
  13. ^ a b Rocket Lab Unveils Battery-Powered Turbomachinery | Space content from Aviation Week, su web.archive.org, 4 marzo 2016. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  14. ^ Wayback Machine (PDF), su web.archive.org, 20 settembre 2016. URL consultato il 28 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 20 settembre 2016).

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Astronautica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di astronautica