Nel buddismo, la parola pāli sati (in sanscrito स्मृति, smṛti; in sino-giapponese 念, pronuncia cinese nian, giapponese on'yomi nen o nem, in occidente reso anche con la parola inglese mindfulness) significa "consapevolezza, attenzione consapevole, studio attento", ed indica una facoltà spirituale o psicologica (indriya) che costituisce una parte essenziale della pratica buddista. È il primo dei Sette Fattori dell'illuminazione. La "retta consapevolezza" (pali: sammā-sati, sanscrito samyak-smṛti), o "retta presenza mentale, retta concentrazione", è il settimo elemento del Nobile Ottuplice Sentiero, il quale costituisce l'ultima delle Quattro nobili verità esposte dal Buddha.[1] La meditazione buddista incentrata sul sati è la vipassana.
Secondo Robert Sharf, il significato di questi termini è stato oggetto di ampio dibattito e discussione. Smṛti originariamente significava "ricordare", "tenere a mente", come nella tradizione vedica di ricordare testi sacri. Il termine sati significa anche "da ricordare". Nel Satipaţţhāna-sutta il termine sati significa "ricordare i dharma", per cui si può vedere la vera natura dei fenomeni.[2] Secondo Rupert Gethin:
«[Sati] dovrebbe essere intesa come ciò che consente la consapevolezza della gamma completa e della portata dei dhamma; sati è una consapevolezza delle cose in relazione alle cose, e quindi una consapevolezza del loro valore relativo. Applicato ai satipaţţhāna, presumibilmente ciò significa che è la sati che fa sì che il praticante dello yoga "ricordi" che ogni sentimento che possa sperimentare esiste in relazione a una varietà o un mondo di sentimenti che possono essere abili o sconvenienti, con guasti o impeccabili, relativamente inferiore o raffinato, oscuro o puro.[3]»
Sharf osserva inoltre che questo ha poco a che fare con la "nuda attenzione", la popolare interpretazione contemporanea di sati, "poiché comporta, tra le altre cose, la giusta discriminazione della valenza morale dei fenomeni in cui si presentano".[4] Secondo Paul Williams, riferendosi a quanto sostenuto da Erich Frauwallner, la consapevolezza ha fornito la via alla liberazione, "osservando costantemente l'esperienza sensoriale per impedire l'insorgere di desideri che avrebbero potuto sperimentare l'esperienza futura in rinascita".[5][6]