Sindrome Sgombroide | |
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L'istamina il mediatore chimico responsabile della patologia | |
Specialità | medicina d'emergenza-urgenza |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 988.0 |
ICD-10 | T61.1 |
eMedicine | 818338 |
La sindrome sgombroide è un'intossicazione alimentare causata dall'ingestione di pesce alterato (soprattutto di alcune specie). Essendo dovuta prevalentemente all'alto tenore di istamina, si manifesta con una sintomatologia simile a quella di una allergia[1][2].
È una delle più frequenti tipologie di intossicazione da prodotti ittici, seconda solo alla ciguatera[3]. Spesso, tuttavia, essa non viene rilevata perché assomiglia e viene confusa con l'allergia alimentare. Tale intossicazione viene riportata con la massima frequenza relativamente al consumo di specie ittiche a carne rossa, appartenenti alle famiglie Scombridae (come il tonno, il tonno pinna gialla, il tonnetto striato [chiamato anche bonito], lo sgombro, la lampuga), Clupeidae (sardine, aringhe, cheppie e acciughe) e specie ittiche imparentate con queste, refrigerate o conservate in modo non adeguato dopo la pesca[4].
La sindrome sgombroide può derivare dall'inappropriato trattamento del pesce durante l'immagazzinamento o la lavorazione, quando per l'innesco di processi di degradazione si producono quantità importanti di istamina. L'istamina è una delle sostanze tossiche implicate nell'intossicazione sgombroide[5][6]. Nei tessuti di pesci in decomposizione sono state trovate altre sostanze chimiche, ma la loro associazione con la sindrome sgombroide non è stata stabilita chiaramente[7].
A differenza di molti tipi di intossicazione alimentare, questa forma non è prodotta da un organismo o da un virus[2]. L'istidina è presente in natura in molti tipi di pesce e a temperature superiori ai 16 °C (60 °F), a contatto con l'aria, essa viene convertita nell'ammina biogenica istamina da parte dell'enzima istidina decarbossilasi[8], prodotto dal batterio[9] Morganella morganii (questo è uno dei motivi per cui il pesce va immagazzinato sempre a basse temperature)[10].
L'istamina non viene distrutta dalle normali temperature di cottura, di conseguenza il pesce mal conservato o lavorato, anche se adeguatamente cotto, può contenere istamina che provoca la sindrome[11].
L'istamina è un mediatore chimico delle reazioni allergiche, e i sintomi che essa determina sono quelli che si hanno in corso di gravi reazioni allergiche. I batteri producono elevati livelli di istamina grazie all'enzima istidina decarbossilasi, infatti questi batteri metabolizzano così l'aminoacido istidina[12] normalmente presente nelle proteine muscolari[13].
Il congelamento, la cottura, l'affumicatura, la conservazione e/o l'inscatolamento non distruggono le potenziali tossine[14].
Quantità di 500 mg/kg o più possono essere il livello soglia oltre il quale la maggior parte delle persone manifestano una sintomatologia conclamata[4] che consiste in arrossamento della pelle, cefalea pulsante, bruciore orale, crampi addominali, nausea, diarrea, palpitazioni, senso di malessere e raramente ipertermia o perdita della vista. I sintomi solitamente compaiono entro 10-30 minuti dall'ingestione del pesce e sono generalmente autolimitanti. I segni fisici possono comprendere pallore diffuso, eritema, tachicardia, dispnea e ipotensione o ipertensione. Le persone con asma sono più suscettibili di problemi respiratori quali dispnea o broncospasmo. I sintomi di intossicazione possono comparire entro pochi minuti e fino a due ore in seguito al consumo di cibo deteriorato. I sintomi solitamente durano approssimativamente dalle quattro alle sei ore e raramente persistono per più di uno-due giorni[15].
La prevenzione delle manifestazioni consiste nel consumo di pesce che ha mantenuto in modo corretto la catena del freddo, con temperature inferiori a 3,3 °C, dal momento della pesca fino al consumatore finale[4][15].
Il trattamento prevede supporti vitali alla respirazione con l'infusione di liquidi[16]. Gli antistaminici sono i farmaci di elezione per questa patologia[6][17].