Stato e anarchia | |
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Titolo originale | Государственность и анархия Gosudarstvennost' i Anarchija |
Autore | Michail Bakunin |
1ª ed. originale | 1873 |
Genere | saggio |
Lingua originale | russo |
Stato e anarchia (in russo Государственность и анархия?, Gosudarstvennost' i Anarchija) è l'opera principale di Michail Bakunin, composta nel 1873. È l'unica opera completa del pensatore russo, punto di svolta per la comprensione dell'anarchismo classico. Fu pubblicata in russo, a Zurigo, anonima, corredata dalla cd. "Appendice A", una sorta di vademecum per rivoluzionari.
Il libro, scritto nell'estate del 1873, fu composto e stampato a Zurigo da un gruppo di giovani evasi dalla Russia fra i quali Ross, Vaklowski, Debogorij-Mokrievic, Ralli. Armand Ross ne fece da solo la composizione tipografica, mentre Vaklowski e Debogorij-Mokrievic azionavano la pressa a mano. Il lavoro venne terminato nei primi mesi del 1874, ne furono tirate 1200 copie, senza nome, e Ross si incaricò personalmente di introdurle in Russia con l'aiuto di contrabbandieri ebrei. L'opera esercitò una fortissima influenza sulla gioventù studentesca rivoluzionaria, tanto che il ministro della Giustizia, il conte Pahlen, scrisse nelle sue memorie del 1875: "Gli scritti di Bakunin e la propaganda dei suoi adepti hanno esercitato sulla gioventù un'influenza stupefacente e nefasta. Questi scritti che nessuno si è occupato di refutare hanno affascinato la gioventù, e, come ogni cosa proibita, l'hanno sedotta perché corrispondevano ai suoi desideri e ai suoi istinti".
Il testo, data la natura sia dell'autore, sia del contenuto, è asistematico, scoordinato. Tuttavia, il pensiero dell'autore ne emerge con prepotenza, dal miscuglio fra teoria e analisi storica. L'opera, già dal titolo paradossale, è una critica al marxismo, alle politiche reazionarie di tutti gli stati europei, in un momento di grande subbuglio e instabilità politica (l'espansionismo prussiano, l'esperienza della Comune di Parigi, etc etc). Lo stile è, nello stile bakuniano, trabordante e concitatus, trabocca da ogni parola, è carico e diretto.
Stato e anarchia è la summa del pensiero di Michail Bakunin, un testo di teoria politica, analisi storica, invettiva e critica contro il marxismo, l'imperialismo, lo statalismo. Gli antipodi dialettici che sostengono l'argomentazione bakuniana sono lo Stato da un lato, la rivoluzione sociale anarchica dall'altro.
Lo Stato, per Bakunin, è l'esaltazione per la forza, l'inebriamento per la soverchieria, il punto di non ritorno del dominio dell'uomo sull'uomo. “Qualunque stato, anche quello rivestito delle forme più liberali e democratiche, è necessariamente fondato sul predominio, sulla dominazione, sulla violenza e quindi sul despotismo.” (Stato e anarchia, 1966, pg. 47) L'imperialismo non è una deviazione dello Stato, ma un suo elemento costitutivo: ove regna la forza questa deve senz'altro agire, e per non essere conquistato, lo Stato deve farsi Stato militare e indi conquistatore (ivi, pg. 23). Lo Stato, come soggetto astratto di cui si sono appropriati i dominatori, deve essere rovesciato sul piano concreto: il potere deve essere distrutto in modo irreversibile e perentorio, non è contemplabile altra via che la Rivoluzione Sociale per la conquista della libertà popolare (ivi, pg. 74-75).
La libertà popolare è possibile solo al di fuori dello Stato, che lacera la naturale predisposizione alla socievolezza:
Ma le pagine più rilevanti del testo sono certamente quelle di critica all'astrazione della socialità attuata da Hegel e dalla sua propaggine più odiosa: Marx. Scrive Bakunin:
La vita, in quanto movimento concretamente razionale è nel mondo della scienza la marcia dal fatto reale all'idea che lo abbraccia, che lo esprime e che di conseguenza lo spiega; e nel mondo pratico è il movimento che va dalla vita sociale verso la sua organizzazione più razionale possibile, conformemente alle indicazioni, alle condizioni, alle necessità e alle esigenze più o meno spontanee di quella medesima vita. Questa è la larga strada del popolo, dell'emancipazione reale e totale, accessibile a tutti e, di conseguenza, veramente popolare, la strada della Rivoluzione Sociale "anarchica" che nasce da sola dal seno del popolo distruggendo tutto quanto si opponga al traboccare generoso della sua vita, affinché, dalle stesse profondità di questo popolo, scaturiscano le nuove forme di libera comunità» (ivi, pg. 159). Il potere, stigma del dominio dell'uomo sull'uomo, non deve essere delegato a nessuno, poiché chi è investito di un'autorità sarà, secondo una legge sociale immutabile, uno sfruttatore della società. Gli anarchici sono dunque nemici della società, nemici dell'autorità e propongono la distruzione dello Stato, e l'organizzazione della socialità dal basso verso l'alto, attraverso libere organizzazioni di produttori, al di fuori di qualsiasi tutela ufficiale.
Karl Marx, obiettivo polemico dello scritto bakuniano, lesse a lungo l'opera e chiosò in molti punti, criticando le posizioni anarchiche. Da un lato v'era il rigore ebraico e la pedanteria della scienza sociale, dall'altro l'aspirazione a qualcosa di grande e la disorganizzazione romantica. La precisione marxiana si scontrava con l'irruenza anarchica. I punti di attrito si possono riassumere nei seguenti: - tempi e modi della rivoluzione - soggetto rivoluzionario - ruolo dello Stato dopo il sovvertimento dello Stato di cose presenti.
La posizione bakuniana è chiara: la rivoluzione è un atto di volontà, tramite cui tutti gli oppressi si liberino assieme. La replica di Marx:
Per Bakunin, deputato a promuovere la rivoluzione deve essere il popolo nella sua interezza; per Marx, si tratta solo del proletariato industriale, inteso come la classe che ha sussunto su di sé tutte le contraddizioni dello stato attuale di cose. La massa di contadini, di straccioni viene definita da Marx "Lumpenproletariat", cioè "proletariato di straccioni", incapaci di articolare il discorso politico, di assumere su di sé il compito dell'abolizione del sistema classista
Per Marx, lo Stato, una volta diventato dominio della classe proletaria, in seguito alla fase transitoria della “dittatura del proletariato”, perderà il suo carattere politico, estinguendosi, così come il sistema classista. Per Bakunin, invece:
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