Surus era il nome dell'ultimo elefante superstite con cui l'esercito cartaginese valicò le Alpi all'inizio della seconda guerra punica.[1]
Vari annalisti romani, tra cui Plinio il Vecchio[2], danno resoconti di un grande elefante con una zanna rotta. Secondo Plauto, Surus, sul dorso, indossava un mantello rosso e, possibilmente, anche uno scudo rosso e un'howdah. Come detto da Polibio, l'elefante riuscì a sopravvivere, come tutti gli altri, alla traversata delle Alpi, ma fu l'unico che sopravvisse anche all'inverno del 218 a.C., per poi morire l'anno successivo durante la discesa in Etruria.[3]
Sebbene una moneta cartaginese coniata al tempo di Annibale rappresenti un elefante nordafricano, gli storici ritengono che Surus fosse un elefante dell'Asia occidentale o della Siria discendente da quelli sottratti dai Tolomei nelle guerre siriache, poiché il suo nome si tradurrebbe come "Il siriaco".[4] Tuttavia, altri hanno proposto che fosse un elefante nordafricano come il resto di quelli usati da Cartagine, interpretando il nome come un soprannome che i romani gli avrebbero dato per la sua zanna rotta (surus o sudus è il nome di un paletto usato nelle fortificazioni).[5]