L'imposta sul celibato è un tributo che fu in vigore in Italia durante il periodo fascista, istituita con il R.D. 19 dicembre 1926, n. 2132,[1] e la sua applicazione disciplinata dal R.D. 13 febbraio 1927, n. 124.[2] Si applicava solo alle persone non sposate di sesso maschile,[3] con il proposito di favorire i matrimoni e, di conseguenza, incrementare il numero delle nascite. Secondo l'ideologia fascista, una popolazione numerosa era indispensabile per perseguire gli obiettivi di grandezza nazionale che si pretendeva spettassero all'Italia, oltre che per avere un esercito il più numeroso possibile.[3]
La misura legislativa colpì oltre 3 milioni di italiani ancora celibi.[4]
Erano soggetti all'imposta tutti i celibi di età compresa fra i 25 ed i 65 anni, ad esclusione di:[5]
La tassa consisteva in:[7]
Tali importi vennero aumentati due volte nell'aprile 1934 e nel marzo 1937 con un'aliquota aggiuntiva che variava a seconda del reddito del soggetto.[8]
L'importo veniva devoluto all'Opera Nazionale Maternità e Infanzia.[8]
L’Italia, nonostante l’entrata in vigore della tassa sul celibato e la politica di sostegno alla famiglia[9], vide scendere il tasso di natalità (passata dal 27,5 per mille del 1926 al 22,9 per mille del 1937)[10][3], tuttavia, per effetto dell’allungamento progressivo della vita media, la popolazione italiana dal 1922 al 1945 aumentò passando da 38,19 milioni a 44,94 milioni di abitanti.
L'imposta venne in seguito abolita dal Governo Badoglio I il 27 luglio 1943[11] ma per l'abrogazione del R.D. 124/1927 bisogna attendere il D.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212[12] del Governo Berlusconi IV.
Denatalità e allungamento medio della vita proseguirono nel dopoguerra determinando un progressivo invecchiamento della popolazione, con la sola eccezione dell’impennata di nascite negli anni del cosiddetto "baby boom" dell’Italia che va dal 1946 al 1964. Dal 1976, il calo delle nascite proseguì portando il Paese sotto il tasso di rimpiazzo di popolazione, con le nascite che non compensano le morti. Finché si arriva negli anni 1980 alla fase di crescita zero, compensata negli anni 2000 solo dall’effetto immigrazione.[13]
Altre misure simili furono prese in considerazione a quei tempi per risollevare la popolazione italiana, fra le quali premi di natalità, cerimonie nuziali di massa, e i vari premi ed esenzioni fiscali per le famiglie numerose.[14]
Nel 1999, il sindaco di Vastogirardi (IS) ha proposto di reintrodurre la tassa a livello locale come soluzione al calo demografico.[15]
La tassa sul celibato ha avuto un suo eco anche nella letteratura. Ad essa è dedicata la poesia La tassa sui celibi, scritta in lingua veneta da Agno Berlese (1893-1950), il maggior rimatore vernacolare padovano della prima metà del Novecento[16]. L'imposta è inoltre citata nel film Una giornata particolare (1977) di Ettore Scola e nel romanzo Delitti a Cinecittà (2013) di Umberto Lenzi.