Valentyn Mykolajovyč Vasjanovyč (in ucraino Валентин Миколайович Васянович?; Žytomyr, 21 luglio 1971) è un regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, direttore della fotografia e montatore ucraino.
Considerato uno dei maggiori registi ucraini contemporanei, nel 2021 tre dei suoi film sono stati inseriti tra i 100 migliori film nella storia del cinema ucraino, tra cui Atlantis (2019), all'11º posto.[1]
Si è formato presso la scuola di Andrzej Wajda.[2] Nel 2014, è stato direttore della fotografia, montatore e produttore del film in lingua dei segni ucraina The Tribe, di Myroslav Slabošpyc'kyj, di grande apprezzamento da parte della critica.[2] Nel 2017, il suo terzo lungometraggio di finzione, Riven' čornoho, è stato scelto come film rappresentante l'ucraina nella corsa all'Oscar al miglior film straniero 2018,[2] senza però riuscire ad ottenere la candidatura.
Nel 2019, il successivo Atlantis ha vinto il premio per il miglior film della sezione "Orizzonti" alla Mostra del cinema di Venezia ed è stato scelto di nuovo come candidato ucraino agli Oscar,[3] nuovamente senza successo. Torna alla Mostra nel 2021, stavolta concorrendo per il Leone d'oro, con Reflection.[4]
Nel novembre 2020, il presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj gli ha conferito l'Ordine al merito - III classe, onorificenza che Vasjanovyč, assieme alla regista Iryna Cilyk, ha rifiutato in segno di protesta verso il trattamento dei lavoratori dello spettacolo da parte del governo Šmyhal': ha dichiarato che la sua non è una «decisione politica, ma una di solidarietà verso i miei colleghi».[5]
Nel marzo 2022, è stato tra le personalità del cinema ucraino a firmare un appello sul periodico Variety per chiedere alla comunità internazionale un boicottaggio totale dell'industria culturale russa e dei suoi membri in seguito all'invasione russa dell'Ucraina.[6]
Vasjanovyč è noto per il suo stile registico rigoroso, fatto d'ininterrotti long take statici di lunga durata che privilegiano il montaggio interno e i campi medi o lunghi rispetto a dialoghi e primi piani.[4] Ad esempio Atlantis (della durata di 108 minuti) è composto da sole 28 inquadrature, mentre Reflection (di oltre due ore) appena da 29.[4] Il suo cinema ha trattato ripetutamente della guerra del Donbass e più in generale della guerra russo-ucraina.[4]
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