Violazione di domicilio

Delitto di
Violazione di domicilio
FonteCodice penale italiano
Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione IV
Disposizioniart. 614
Competenzatribunale monocratico
Procedibilità
Arrestofacoltativo (art. 381 c.p.p.)
Fermonon consentito
Pena
  • (commi 1-2) reclusione da 1 a 4 anni;
  • (comma 4) reclusione da 2 a 6 anni

La violazione di domicilio è il reato previsto dall'art. 614 del codice penale, che punisce, a querela di parte, chiunque “si introduce o si trattiene nell'abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l'inganno”.

La sanzione è della reclusione da sei mesi a tre anni, ma se il fatto è commesso con violenza sulle cose o alle persone, o se il colpevole è palesemente armato, la pena è da uno a cinque anni e si procede d'ufficio (cioè anche in mancanza di querela).

Istituti sostanziali

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Lo stesso argomento in dettaglio: Reato § La classificazione dei reati.

L'analisi del reato in questione presuppone preliminarmente la definizione di due dei suoi elementi tipici quali i concetti di privata dimora e di appartenenza, entrambi di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. La Corte di Cassazione, infatti, seguendo il dato testuale della norma, si è orientata nel non restringere il concetto di "privata dimora" a quello di abitazione, includendo nel primo tutti quei luoghi ove si svolge qualsivoglia attività inerente alla vita privata del soggetto che si debba esplicare al di fuori delle ingerenze altrui. In base a questo assunto costituiscono privata dimora (ma non abitazione) la camera di albergo, il circolo privato e gli studi professionali o gli uffici commerciali localizzati al di fuori dell'abitazione. Discussa è l'individuazione dello stabilimento industriale quale privata dimora: a fronte di un orientamento non univoco della Cassazione i giudici di merito tendono a escluderla. Per la realizzazione del fatto tipico deve sussistere come corollario l'attualità dell'uso di tutti i siti appena elencati così come dell'abitazione. La giurisprudenza penale, a differenza di quella civile, ha poi individuato nel concetto di appartenenze non solo le costruzioni accessorie all'abitazione o al luogo di privata dimora quale, ad esempio, il garage, ma tutti quei siti che ne migliorano l'uso e il godimento, quale, ad esempio, il giardino.

Il delitto di violazione di domicilio nella sua forma prevista dall'art. 614 C.p. è un reato comune, di danno e di evento. L'interesse giuridico tutelato è la libertà domestica e cioè il diritto del cittadino, sancito dalla Costituzione all'art. 14, di vivere liberamente della propria abitazione al riparo da ingerenze o intromissioni arbitrarie. A forma libera presuppone come condotta l'atto da parte del reo di introdursi o trattenersi nei luoghi indicati dalla fattispecie senza il consenso dell'utilizzatore: equiparata alla coscienza della manifestazione di dissenso è sia l'introduzione clandestina sia quella con l'inganno.

Il reato è aggravato quando il fatto è commesso con violenza sulle cose o sulle persone o da soggetto palesemente armato. Forma particolare della violazione di domicilio, ma costituente una fattispecie a sé stante, è il reato di Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale, prevista dall'art. 615 C.p.

Elemento soggettivo

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Elemento soggettivo del reato è il dolo generico consistente nella consapevolezza di introdursi o di trattenersi nell'abitazione altrui senza o contro il consenso del legittimato.

Casi di legittima difesa

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Lo stesso argomento in dettaglio: Legittima difesa (ordinamento italiano).

Con la legge 13 febbraio 2006, n. 59 si dichiarò la volontà di estendere i casi di legittima difesa, nei confronti di chi viola il domicilio. In realtà, una presunzione è stata introdotta con esclusivo riferimento al requisito della «proporzionalità, al dichiarato scopo di rafforzare il diritto di autotutela in un privato domicilio o in un luogo ad esso equiparato»[1].

A dispetto delle proclamazioni, le modifiche all'articolo 52 del codice penale, approvate in quella circostanza, «hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell'altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri»[2]. Il commento che la vicenda di quella modifica ha prodotto è che "i proponenti di quella parte politica pensarono di assestare un colpo, al servizio della loro ideologica visione della difesa della proprietà privata, invece di corrispondere alle richieste che, prepotentemente, vengono dalla collettività"[3].

In ambito familiare è opportuno rilevare che il diritto di esclusione sussiste in capo a tutti gli abitatori della dimora con la conseguenza che il dissenso dell'uno è in grado di neutralizzare il consenso dell'altro. Qualora la violazione di domicilio sia elemento costitutivo di altro reato è considerata assorbita da quest'ultimo. Da un lato va segnalata l'opinione espressa dal procuratore Carlo Nordio, già presidente della commissione incaricata di riformare il codice penale, in una sua intervista del 20 novembre 2002 al Corriere della Sera: «Oggi le norme in vigore pur consentendo teoricamente a chi si trova di fronte un rapinatore di reagire con le armi, di fatto lo espone a un processo (...) Spesso si ritiene che la reazione a mano armata, anche in casa propria, ecceda il pericolo cui si è esposti. Di conseguenza viene punita (...) La norma (è) molto generica e lascia spazio ad interpretazioni opposte: lecito, illecito. Assoluzione, punizione (...) un codice di impronta liberale (dovrebbe) garantire la libertà all'individuo di difendersi anche quando non è presente la forza pubblica, avvalendosi di un suo diritto naturale».

Dall'altro lato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in sede di risposta ad interrogazione relativa all'estensione dell'ambito di applicazione della legittima difesa, anche al fine di escludere obblighi risarcitori in capo a chi risulti beneficiario dell'esimente (n. 3-02945), ha sostenuto: "la potestà punitiva appartiene esclusivamente allo Stato che deve garantire le misure più idonee a salvaguardare la sicurezza della collettività anche al fine di scongiurare il dilagare di forme di giustizia privata. Tutte le istituzioni a partire dalla stessa autorità giudiziaria prestano la massima attenzione al tema del contrasto ai reati predatori proprio nella consapevolezza che tali fattispecie delittuose inficiano il senso di fiducia dei cittadini nelle istituzioni e generano una percezione di allarme"[4].

  1. ^ Cassazione penale, sezione I, sentenza n. 23221 del 27 maggio 2010.
  2. ^ Cassazione penale, sezione I, sentenza n. 16677 dell'8 marzo 2007.
  3. ^ Atto Senato n. 1816 della XVII legislatura.
  4. ^ XVII legislatura, Camera dei deputati, Assemblea, resoconto stenografico N. 779, 12 aprile 2017, p. 76. Il ministro ha così concluso: "In tale prospettiva devono essere letti i recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità che hanno fornito un'interpretazione estensiva del concetto di privata dimora per i reati contro il patrimonio, affermando la sussistenza di tali reati ove commessi nei luoghi in cui il titolare può legittimamente esercitare lo ius excludendi".

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