La pratica nota come visione remota, o "remote viewing" in inglese, implica la ricerca di informazioni su un obiettivo geograficamente lontano, che non è mai stato visto prima, attraverso supposte percezioni extrasensoriali, spesso descritte come "cinque sensi della mente". Fino ad ora, non è stata trovata alcuna prova che confermi la validità della visione remota e l'intero gruppo di concetti a essa associati è considerato pseudoscienza.[1][2][3][4][5][6] In sostanza, per "persona capace di visione remota" si intende qualcuno che sia in grado di elargire informazioni su un oggetto, una persona, un luogo o un evento non visibili e collocati a una certa distanza[7] dal sensitivo stesso.
Il termine "remote viewing" è generalmente attribuito ai fisici Russell Targ e Harold Puthoff, ricercatori in parapsicologia allo Stanford Research Institute, che intendevano differenziare questo fenomeno da quello simile e strettamente correlato della chiaroveggenza.[8][9] Tuttavia, altri attribuiscono l'introduzione del termine ad Ingo Swann (1933-2013), noto sensitivo, artista e scrittore.
L'esistenza della visione remota fu resa nota al grande pubblico negli anni novanta, dopo la divulgazione parziale di documenti del Progetto Stargate sotto l'atto della FOIA (Freedom of Information Act). Detto ampio programma di ricerche, sostenuto dal governo degli Stati Uniti a partire dal 1975, mirava ad identificare ogni possibile applicazione dei fenomeni parapsicologici in ambito militare e di campo di battaglia. Il programma si concluse nel 1995, annunciando che non era mai stato in grado di fornire informazioni attendibili da un punto di vista d'intelligence.[10]
Fin dai primi tempi della letteratura spirituale e dell'occulto, la visione remota era conosciuta come telestesia, o "travelling clairvoyance", secondo la terminologia di Augustus De Morgan,[11] logico e matematico, basandosi anche su esperienze personali.[12] Secondo l'autrice statunitense Rosemary Guiley, esperta di spiritismo e occulto, la visione remota può essere descritta come "la capacità di vedere oggetti lontani e nascosti, attraverso la vista interiore o in ipotetiche esperienze extracorporee".[13]
All'inizio del XX secolo, emergono le prime ricerche pubbliche sui fenomeni paranormali, a cui si dedicano eminenti scienziati dell'epoca, come Michael Faraday, Alfred Russel Wallace, Rufus Osgood Mason e William Crookes. I loro studi si concentrarono principalmente su un gruppo limitato di individui che si ritenevano dotati di queste rare capacità parapsicologiche. I risultati, sebbene positivi, furono accolti con diffidenza dalla comunità scientifica.[14]
Negli anni trenta, Joseph Rhine ampliò l'area di indagine della parapsicologia a popolazioni più ampie, impiegando metodologie di ricerca standard su un campione non selezionato di individui. Come la precedente generazione di scienziati negli anni trenta, anche Rhine fu riluttante a pubblicare i risultati delle proprie ricerche, temendo le critiche dell'ambiente scientifico.[15] Questo pregiudizio ebbe gravi ripercussioni sul finanziamento della ricerca e sul processo di revisione paritaria, relegando la parapsicologia a un "settore di nicchia" della ricerca scientifica.
Negli anni Sessanta, si osservò un netto cambiamento di questa tendenza, con un incremento dell'interesse riguardo alla coscienza e alle sue rivelazioni parapsicologiche, un cambio culturale che facilitò il reperimento di finanziamenti per nuovi studi.[16] Nei primi anni Settanta, Harold Puthoff e Russell Targ avviarono i primi esperimenti di parapsicologia finanziati da privati. Quenti esperimenti furono eseguiti presso il Laboratorio di Bioingegneria e Elettronica dello Stanford Research Institute, e furono sostenuti dalla Parapsychology Foundation e dall'Institute of Noetic Sciences.[17]
Verso la fine del decennio, i fisici John G. Taylor ed Eduardo Balanovski eseguirono esperimenti di visione remota su Matthew Manning, i cui risultati furono definiti come "un totale insuccesso".[18] Uno dei primi esperimenti fu posto come riferimento metodologico per gli esperimenti futuri e fu oggetto di critiche per la mancanza di informazioni relative a eventuali suggerimenti involontari dati ai partecipanti.[19] Successive indagini per verificare tale possibilità esitarono negativi.[20] Si concluse che le indicazioni dei soggetti coinvolti nel Progetto Stargate erano vaghe, generiche, e inefficaci per scopi d'intelligence.[21]
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