Zappatore è un film drammatico del 1980 diretto da Alfonso Brescia e interpretato da Mario Merola. Il film è liberamente ispirato all'omonima canzone scritta da Libero Bovio.
Francesco Esposito e sua moglie Maddalena sono due contadini, abitanti della provincia di Benevento che hanno allevato Mario, il loro unico figlio, con amorevole dedizione e sacrifici. Per farlo studiare, si sono anche indebitati con lo strozzino del paese, Antonio Vizzillo. Il ragazzo, intanto, è diventato avvocato ed esercita a Napoli, dove si è trasferito, in uno studio di infimo livello. Ha conosciuto Nancy Barker, che lo mantiene a Napoli fino a quando non arrivano i genitori di lei. Lei è figlia di un industriale italo-americano, e se ne è innamorato; sembrerebbe una storia a lieto fine se non fosse che Mario si vergogna delle umili origini dei suoi genitori, rinnegandoli. Però Nancy riesce a convincere Mario a partire per New York per lavorare come consulente legale per l'impresa Barker, non prima che Mario abbia scritto la lettera a Francesco per perdonarlo di averlo rinnegato; così Francesco, dopo aver fatto arrestare il boss camorrista Andrea Amitrano per l'omicidio di Vizzillo, parte anch'esso per New York per ritrovare Mario e per riportarlo a casa prima che la madre Maddalena muoia per problemi al cuore, per farle vedere per l'ultima volta suo figlio.
Il titolo di lavorazione era Rinnego mio figlio ma a Merola non piaceva, suggerendo al regista di cambiare titolo in Zappatore.
Zappatore è la sceneggiata che ha ottenuto il maggiore incasso nelle sale, posizionandosi al 60º posto dei film più visti in Italia nella stagione 1980/81.[1]
«Girato da Alfonso Brescia con uno stile che ricorda più quello dei suoi western degli anni sessanta piuttosto che quello dei melodrammi di derivazione matarazziana, Zappatore è un film che non riesce quasi mai a coinvolgere lo spettatore. Solo a tratti Merola e Bianchi sanno imporre, pur su registri diversi, una credibilità ai propri personaggi. Per il resto la materia narrativa si trascina in modo stanco e sfilacciato, senza guizzi e fondamentalmente banalizzante sia nelle sequenze sentimentali sia nei siparietti comici costruiti da due braccianti dello zappatore.»
«Trasposizione cinematografica di un tipico esempio di sceneggiata, e cavallo di battaglia di Mario Merola, il film, come vuole la formula di questo spettacolo, è un impasto di dramma, di comicità, di buoni sentimenti, di canzoni. Diretto e interpretato con maestria, gli si possono perdonare, date le peculiari caratteristiche del genere, sia i suoi anacronismi sia alcune involontarie cadute nel grottesco.»