Aimeric de Belenoi, o de Belenuei o de Belenuoi, o anche Aimeri de Belenvei o Aimerics de Bel e altre varianti quali: Aimeri de Beauvoir o Aimeri de Belenoi o Aymeric de bell enuech o Naimerics de bel enoi, ecc. (fl. 1215-1242[1]), è stato un trovatore e giullare francese della Guascogna.
Sopravvivono almeno quindici delle sue canzoni mentre altre sette gli vengono attribuite in alcuni manoscritti medievali.[1] Con il nome latino Namericus de Belnui è citato nel De vulgari eloquentia, anche se Dante Alighieri lo colloca erroneamente tra gli ispanici[2].
Il luogo di nascita di Aimeric fu il castello di Lesparra nel Bordolese (metropolis civitas Burdigalensium, l'attuale Gironda).[3] Era stato in rapporti con un altro trovatore, suo zio Peire de Corbiac.[3] La sua vida ci dice che è stato chierico e successivamente giullare prima di iniziare a "inventare buone canzoni, che fossero belle e affascinanti"[3]. Sembra sia poi stato il signore feudale di Belenoi, uni'ignota località.
Il soggetto principale delle sue canzoni era una signora chiamata Gentile di Rieux (Gentilis de Gienciaco), una guascona di Gensac-Saint-Julien e moglie di Raimon de Benque.[3] Il suo biografo ricorda che lui rimase nella Guascogna per lungo tempo "per lei" prima di andarsene infine in Catalogna, dove morì nel 1242[3], alla corte de Ferdinando III di Castiglia, detto «Il Santo».
La poesia di Aimeric fa riferimenti a eventi accaduti a Tolosa, Provenza e Italia, il che fa pensare che egli avesse viaggiato moltissimo.[1] È stato alla corte degli Este a Ferrara negli anni 1210-1220, dove probabilmente ha avuto contatto con Aimeric de Pegulhan, Albertet de Sestaro, Guillem Augier Novella e Peirol.[4] Probabilmente fece la conoscenza di Peire Cardenal.
Aimeric arrivò in Castiglia prima di affrontare il suo ultimo viaggio verso la Catalogna.[1] Il suo ultimo lavoro databile è Nulhs hom en res no falh, un planh per Nuño Sánchez, che morì nel 1242.[1] Questo planh era rivolto alla comtessa Beatris, moglie di Raimondo Berengario IV di Provenza, e al senher N'Imo, suo fratello Aimone, figlio di Tommaso I di Savoia[1] [5]. Sebbene negli chansonniers l'opera sia stata spesso attribuita a Rambaldo di Vaqueiras, il riferimento a questa coppia e lo stile, favoriscono un'attribuzione ad Aimeric.[1] È il solo lavoro di Aimeric rimasto comprensivo di melodia[6], anche se questa melodia nel suo unico manoscritto viene ascritta (insieme alle liriche) a Peirol.[1][7].
I versi di Aimeric sono stati per la prima volta assemblati da Maria Dumitrescu come Poésies du troubadour Aimeric de Belenoi e pubblicate a Parigi nel 1935[3]. Nella sua esegesi critica la studiosa definisce l'opera del trovatore "banale", ma nell'Alto medioevo godette (con il suo variegato intreccio di temi morali, religiosi e amorosi) di una vasta popolarità, specialmente in Italia[8]
Aimeric compose molte opere:[9]
«Dona Na Margarid
E vezers, e gens aculhirs
Provon que res nos vos sofranh
De so que a pro domna tanh
...
Dame Marguerite, rien qu'à vous entendre
Et vous voir accueillir les gens
Il apparait qu'en vous rien ne manque
De ce qui caractérise la noblesse»
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