Bernardo de Balbuena (Valdepeñas, 1561 – San Juan, ottobre 1627) è stato un poeta spagnolo, uno dei primi poeti a decantare le meraviglie del Nuovo Mondo.
Nacque in Spagna e, dopo aver abbracciato la carriera ecclesiastica, in giovane età si trasferì in America centrale, a Città del Messico, dove proseguì gli studi in teologia, che però concluse in Spagna dove ottenne il dottorato.
Nei primi anni del Seicento fu impegnato in varie missioni in Giamaica e a Porto Rico, dove nel 1620 ottenne la nomina di vescovo.[1] Nel Nuovo Mondo ebbe modo di comporre un elevato numero di versi, parte dei quali andarono distrutti nel 1625 durante l'assalto degli olandesi che diedero fuoco alla sua biblioteca.[2]
Oltre all'opera El divino Christiados andata perduta, di Balbuena sono giunti sino a noi tre grandi poemi: La Grandeza Mexicana pubblicato nel 1604, composto da liriche eleganti che descrivono le bellezze naturali e le ricchezze materiali del Messico, allora ribattezzato "Nuova Spagna". I settori studiati e presentati al lettore furono svariati, dato che Balbuena inserì dettagli sul clima, sulla geografia, sull'architettura, sui tipi umani, sulla vegetazione, sugli animali, ecc.[2] Il poema è caratterizzato dalla presenza di molte metafore, giochi di parole, aggettivi maestosi, al punto da venir considerato uno degli scritti in stile barocco più riusciti. Il secondo poema sopravvissuto nel tempo è la collezione di egloghe Siglo de Oro en las selvas de Erifile ispirata dall'Arcadia di Sannazzaro, mentre il terzo documento dell'attività letteraria di Balbuena è il voluminoso El Bernardo o la victoria de Roncesvalles stampato nel 1624, in cui si nota l'influenza di Ludovico Ariosto. L'opera è formata da ben quarantamila versi e si rivela più che altro uno zibaldone di elementi compositi, dalle tracce di classici e di autori italiani sino a frammenti cavallereschi e romanzeschi.
Profondo conoscitore sia degli autori latini sia di quelli italiani, ammiratore del Petrarca e del Tasso, Balbuena si dimostrò un abile costruttore di versi. Il vertice lirico delle sue opere è visibile nell'intenso gusto naturalistico e in una peculiare percezione coloristica, ispirati dalle visioni delle bellezze del Nuovo Mondo, immerse su un fondo tendente al malinconico.[3]
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