Blondie e Dagoberto | |
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fumetto | |
Titolo orig. | Blondie |
Lingua orig. | inglese |
Paese | Stati Uniti |
Autore | Chic Young, Dean Young, John Marshall |
Editore | King Features Syndicate |
1ª edizione | 8 settembre 1930 |
Genere | umoristico |
Blondie e Dagoberto (Dagwood Bumstead) è un fumetto statunitense ideato da Murat (Chic) Young, distribuito dalla King Features Syndicate, e pubblicato a partire dall'8 settembre 1930 in formato a strisce e incentrato sulla vita quotidiana dei Bumstead, una tradizionale famiglia americana.[1][2][3] Dal fumetto è nata l'omonima serie di film e una serie radiofonica statunitense trasmessa dal 1939 al 1950.[2][4] Nel 1995 fu uno dei venti fumetti inclusi nella serie commemorativa di francobolli statunitensi Comic Strip Classics[5][6].
Agli esordi Blondie è una graziosa ragazza che vorrebbe sposare Dagoberto ma il padre miliardario di lui è contrario; nonostante il divieto i due si sposano egualmente anche se lui viene diseredato e deve incominciare a lavorare. Da questo momento le origini altolocate di lui vengono dimenticate e la serie continua imperniata sulla vita di una famiglia media americana. Blondie è moglie piccolo-borghese emancipata mentre il marito, oltre che con lei e con i figli, è costantemente alle prese con i problemi in ufficio e con instancabili commessi viaggiatori. Con gli anni hanno dei figli che a loro volta crescono e ne hanno di propri.[2][1]
La serie fu creata da Murat Young e debuttò il 15 settembre 1930[2] distribuita dal King Features Syndicate[1]; dal 1933 Young si fa aiutare per i disegni da Alex Raymond e del figlio Jim, che lo sostituisce di fatto nel 1950[1]. Young continuò per tutta la vita a disegnare la striscia e, quando morì nel 1973, le storie continuarono per opera del figlio Dean, che dal 1963 collaborava già ai testi, e di Jim Raymond, figlio di Alex Raymond.[2] Dopo la morte di Jim Raymond molti artisti si succedettero nella realizzazione della striscia: Mike Gersher (1981-84), Stan Drake (1984-97) e infine Denis Lebrun e John Marshall e nonostante questi cambiamenti le storie sono rimaste popolari, arrivando a essere pubblicate in più di 2.000 giornali in 47 paesi e venendo tradotti in 35 lingue.[7][1][8][3]
Edizioni estere
In Italia la serie esordisce negli anni trenta come "Bettina e Bargio" sul settimanale satirico "420" edito dalla Nerbini e sulla rivista cinematografica "Kines"; nel dopoguerra, a parte quale breve apparizione su qualche rivista, ritorna dopo vent'anni su alcune pubblicazioni dell'Editoriale Corno (Okay ed Eureka e relativi supplementi; negli anni settanta compare su altre riviste di fumetti come "Il Mago" della Mondadori e sulla collana Oscar Mondadori mentre nei decenni successivi compare anche su quotidiani come Il Messaggero e su altre riviste di fumetti.[1] Le strisce giornaliere furono pubblicate durante gli anni '70 anche dal quotidiano Paese Sera, che tentò l'importazione in Italia della pagina dei fumetti tipica dei giornali statunitensi.[senza fonte]