Camuni | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Incisioni rupestri della Val Camonica: rosa camuna e figura umana (entrambe eseguite con tecnica a "martellina") | ||||||
Luogo d'origine | Territori della cultura di Breno-Dos dell'Arca nella seconda età del ferro. | |||||
Periodo | Età del Ferro | |||||
Popolazione | Camuni | |||||
Lingua | lingua camuna | |||||
Religione | religione camuna | |||||
Gruppi correlati | Reti, Etruschi, Euganei, Celti | |||||
Distribuzione | ||||||
| ||||||
I Camunni o Camuni erano un popolo dell'Italia antica di lingua preindoeuropea[1] vissuti in Val Camonica, dove si insediarono circa nel 5000 a.C..
Il territorio interessato dalla loro presenza ricade all'interno dell'attuale provincia di Brescia, presso le Alpi centrali in Val Camonica. In passato vennero chiamati anche con il nome in lingua latina di Camunni, attribuito loro da autori del I secolo, o come gli antichi Camuni, per distinguerli dagli attuali abitanti della val Camonica. Fra i massimi produttori di arte rupestre in Europa, il loro nome è legato alle celebri incisioni rupestri della Val Camonica, che costituiscono - considerata la povertà di reperti archeologici come la necropoli, suppellettili o centri abitati - la principale testimonianza culturale di questo popolo.
I Camuni (Καμοῦνοι in greco, Camunni in latino) sono ricordati dalle fonti storiografiche classiche a partire dal I secolo a.C.; delle epoche precedenti, soprattutto di quella corrispondente in Val Camonica all'età del ferro, è giunto fino a noi un vastissimo corpus costituito da centinaia di migliaia di incisioni rupestri. Sottomessi dai Romani nel corso del I secolo a.C., i Camuni furono progressivamente inseriti nelle strutture politiche e sociali dell'Impero romano: pur conservando margini di autogoverno e, già dalla fine del I secolo a.C., ottennero la cittadinanza romana, subendo poi - come tutti i popoli della Gallia Cisalpina - un rapido processo di latinizzazione sia linguistica, sia culturale, sia religiosa.[2] Lasciarono oltre 300 000 incisioni rupestri, il primo sito nominato UNESCO, nel 1979.
L'endonimo dei Camuni non è conosciuto. Johann Jacob Hofmann nel suo Lexicon Universale (XVIII secolo) riprende l'ipotesi di una relazione diretta tra la parola "Camuno" e la parola "Camulo", che designava una divinità, e l'attribuisce a Marco Antonio Sabellico e a Guarino Veronese[3].
Lo storico greco Strabone (58 a.C.-25 d.C. circa), sosteneva che i Camuni facessero parte dei popoli retici e li accostava ai Leponzi, i quali, invece, derivavano dalla Cultura di Golasecca:
«Ἑξῆς δὲ τὰ πρὸς ἕω μέρη τῶν ὀρῶν καὶ τὰ ἐπιστρέφοντα πρὸς νότον Ῥαιτοὶ καὶ Ὀυινδολικοὶ κατέχουσι, συνάπτοντες Ἐλουηττίοις καὶ Βοίοις· ἐπίκεινται γὰρ τοῖς ἐκείνων πεδίοις. Οἱ μὲν οὖν Ῥαιτοὶ μέχρι τῆς Ἰταλίας καθήκουσι τῆς ὑπὲρ Οὐήρωνος καὶ Κώμου. Καὶ ὅ γε Ῥαιτικὸς οἶνος, τῶν ἐν τοῖς Ἰταλικοῖς ἐπαινουμένων οὐκ ἀπολείπεσθαι δοκῶν, ἐν ταῖς τούτων ὑπωρείαις γίνεται· διατείνουσι δὲ καὶ μέχρι τῶν χωρίων, δι' ὧν ὁ Ῥῆνος φέρεται· τούτου δ' εἰσὶ τοῦ φύλου καὶ Ληπόντιοι καὶ Καμοῦνοι.»
«Ancora oltre, le zone montuose verso oriente e quelle rivolte a sud sono abitate dai Reti e dai Vindolici, che confinano con Helveti e Boei: vivono infatti al di sopra delle loro pianure. I Reti si estendono fino in Italia, nelle zone sovrastanti Verona e Como. Peraltro proprio nelle zone pedemontane da loro occupate viene prodotto il vino retico, che si ritiene per nulla inferiore ai più noti vini d'Italia. Giungono poi fino alle zone in cui scorre il Reno: i Leponti e i Camunni appartengono a questa tribù.»
Lo storico romano Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) parlava invece dei Camunni, insieme ai Triumplini della Val Trompia e agli Stoni, come di una delle varie tribù euganee assoggettate dai Romani:
«Verso deinde in Italiam pectore Alpium Latini iuris Euganeae gentes, quarum oppida XXXIIII enumerat Cato. ex iis Trumplini, venalis cum agris suis populus, dein Camunni conpluresque similes finitimis adtributi municipis»
«Voltandoci verso l'Italia, [incontriamo] i popoli euganei delle Alpi sotto la giurisdizione romana, dei quali Catone elenca trentaquattro insediamenti. Fra questi i Triumplini, resi schiavi e messi in vendita assieme ai loro campi e, di seguito, i Camuni molti dei quali [furono] assegnati ad una città vicina.»
Secondo studiosi odierni, come Raffaele De Marinis[4] e Francesco Fedele[5], i Camuni sono meglio associabili all'ambiente retico, poiché i loro usi e costumi sociali appaiono comuni a quelli della Rezia, regione compresa tra le Alpi italiane e l'alta regione del Reno.
Attorno al V secolo a.C. sono documentati sempre più frequenti contatti tra gli Etruschi, che controllavano gran parte della Pianura Padana, e le popolazioni alpine. Tracce d'influenza della cultura etrusca permangono nell'alfabeto camuno, nel quale sono redatte nelle quasi duecento iscrizioni e che è molto simile agli alfabeti nord-etruschi, e nella stessa arte rupestre.[7]
Verso il III secolo a.C. giunsero in Italia popolazioni celtiche che, provenendo dalla Gallia transalpina, si stabilirono nella Pianura padana ed entrarono in contatto con la popolazione camuna: lo testimonia la presenza, tra le incisioni rupestri della Val Camonica, di figure di divinità celtiche quali Cernunnos.[6]
La Val Camonica venne assoggettata a Roma nel contesto delle campagne di conquista di Augusto di Rezia e arco alpino, condotte dai suoi generali Druso maggiore e Tiberio (il futuro imperatore) contro i popoli alpini tra il 16 e il 15 a.C. A completare la conquista del fronte alpino orientale fu Publio Silio Nerva, governatore dell'Illirico, che procedette all'assoggettamento delle valli da Como al Lago di Garda (compresa quindi la Val Camonica), oltre ai Venosti della Val Venosta[8].
L'azione romana di conquista è ricordata anche dallo storico romano di lingua greca Cassio Dione (155-229):
«καὶ γὰρ Καμούννιοι καὶ Ὁέννιοι αλπικα γένη, όπλα τε αντηραντο καὶ νικηθέντες aπο Ποιβλιο Σιλίου εχειρώθησαν.»
«I Camuni e i Vennoni, tribù alpine, scesero in guerra, ma furono conquistate e sottomesse da Publio Silio»
ed è celebrata nel Trofeo delle Alpi ("Tropaeum Alpium"), monumento romano eretto nel 7-6 a.C. e situato presso la città francese di La Turbie, che riportava nell'iscrizione frontale il nome dei Camuni tra i popoli alpini sottomessi:
«GENTES ALPINAE DEVICTAE TRVMPILINI · CAMVNNI · VENOSTES [...].»
«Popoli alpini sottomessi: Triumpilini, Camuni, Venosti [...].»
Dopo la conquista romana i Camuni furono annessi alle città più vicine in condizione di semi-sudditanza tramite la pratica dell'adtributio, che permetteva di mantenere una propria costituzione tribale mentre la città dominante diveniva centro amministrativo, giurisdizionale e fiscale[10]. La città a cui vennero assegnati i Camuni fu probabilmente Brixia[11]. Inizialmente fu assegnato loro lo status di peregrinus; in seguito ottennero la cittadinanza romana e in Età flavia furono ascritti alla tribù Quirina[12], anche se mantennero una certa autonomia amministrativa: è infatti ricordata una Res Publica Camunnorum.
Una più intensiva fase di romanizzazione ebbe luogo a partire da Civitas Camunnorum (Cividate Camuno), città fondata dai Romani attorno al 23 d.C. con Druso minore, durante il principato di Tiberio[13]; durante il I secolo i Camuni risultano già stabilmente inseriti nelle strutture politico-sociali romane, come attestano le numerose testimonianze di legionari, artigiani e perfino gladiatori di origine camuna in varie aree dell'Impero romano[14]. Anche la religione si avviò, attraverso il meccanismo dell'interpretatio, verso un sincretismo con quella romana[15].
Le incisioni rupestri dovevano avere un particolare valore; ai Camuni è infatti attribuito circa il 70-80% di tutte le figure censite[16] e la loro funzione è riconducibile a riti celebrativi, funebri[17][18][19], commemorativi, iniziatici o propiziatori - dapprima in ambito religioso, in seguito anche laico -, che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti[20].
Di epoca romana è il santuario di Minerva rinvenuto a Spinera di Breno nel 1986 è finemente decorato con mosaici. Sorgeva su uno sperone roccioso sulla riva orientale del fiume Oglio, non lontano da Cividate Camuno[15].
La fine dell'Antichità coincise con l'arrivo presso i Camuni della religione cristiana. A partire dal IV-V secolo si assistette alla distruzione degli antichi luoghi di culto, con l'abbattimento delle statue stele di Ossimo e Cemmo[21] e l'incendio del santuario di Minerva[15].
Le testimonianze della lingua parlata dai Camuni sono rappresentate da circa 170 iscrizioni.[1] Documentate nel contesto delle incisioni rupestri della Val Camonica, uniche testimonianze epigrafiche del camuno, le iscrizioni in lingua camuna sono redatte in un proprio alfabeto camuno, detto anche alfabeto di Sondrio, variante settentrionale dell'alfabeto etrusco.
La lingua camuna è considerata preindoeuropea.[1] È possibile che la lingua camuna fosse correlata alla lingua retica.[22]