Carlo Montuori ha accompagnato per quasi cinquant'anni lo sviluppo del cinema italiano, dai suoi inizi ai tempi del muto sino alla commedia all'italiana degli anni sessanta, passando attraverso la produzione degli anni trenta e del neorealismo. Di origine molisana, a dodici anni si trasferì a Milano dove viveva uno zio che faceva il pittore e il fotografo. Da questi imparò il mestiere e frequentò l'Accademia di Brera per seguire corsi di pittura. Studiò anche al Politecnico di Milano.
Nel 1907 iniziò a lavorare come aiuto operatore di Luca Comerio, suo maestro, dal quale apprese la tecnica dello sviluppo e stampa applicata al nascente cinema dato che Comerio era anche titolare della "Comerio Film". Lavorò anche presso lo studio Ganzini, dove si trovò a contatto con gli sviluppi di un'innovazione tecnica, i primi procedimenti di illuminazione artificiale. Successivamente passò come cameraman alla Milano Films., che aveva preso il posto della ditta di Comerio.
Qui nel 1912 ideò un sistema di illuminazione artificiale, inventandosi un dispositivo che trasmetteva corrente elettrica e dei carboni legati con un filo di ferro con degli imbuti di latta che fungevano da riflettori[1]. Grazie a questa sua geniale invenzione, da allora fu possibile girare film anche in cattive condizioni meteorologiche, oppure nei teatri di posa chiusi, che in precedenza potevano utilizzare solamente la luce solare. Dopo una fase sperimentale Montuori curò le riprese della prima pellicola realizzata con la nuova tecnica, La fuga dei diamanti, diretto da Augusto Genina, regista con cui avviò una stretta collaborazione, partecipando, tra l'altro, a La doppia ferita, film con la partecipazione di Mistinguett. Durante la guerra fu arruolato in Marina dove proseguì l'attività di operatore.
Nei primi anni venti, divenne capo tecnico e direttore della fotografia per conto della "Medusa", da cui si dimise quando questa fu assorbita dalla U.C.I.. Si trasferì quindi a Firenze presso la "V.I.S." nella breve stagione della cinematografia di Rifredi, dove realizzò Dante nella vita e nei tempi suoi. Chiusa questa breve esperienza tornò a Roma. Nel frattempo la sua notorietà si era sviluppata anche a livello internazionale, e nel 1925 egli fu chiamato come unico operatore italiano del "colossal" internazionale Ben Hur di Fred Niblo, girato a Roma con un cast tecnico misto, italiano ed americano. Anche nel periodo più difficile per la cinematografia italiana - la seconda metà degli anni venti - egli diresse la fotografia di numerose e importanti pellicole, tra le quali Saracinesca (1921), Garibaldi e i suoi tempi (1926). Con Sole, una delle ultime pellicole del cinema muto italiano, collaborò strettamente con Blasetti in quello che è stato considerato uno dei primi tentativi di rilancio del cinema in Italia[2].
All'inizio del sonoro, ha lavorato presso la Cines fotografando Terra madre, ancora con Blasetti, e, subito dopo, L'armata azzurra di Righelli. Per tutti gli anni trenta e primi Quaranta Montuori è stato uno degli operatori più richiesti del cinema italiano, dirigendo la fotografia di numerose, importanti pellicole. In tale periodo ha collaborato con tutti i più importanti registi del cinema italiano del periodo, confermando l'intesa con Blasetti, e lavorando sui "set" di opere dirette da Camerini, Righelli, Campogalliani, Alessandrini, Mattoli, Brigone, Trenker, Bragaglia e Matarazzo. Nel 1941, per Piccolo mondo antico ha lavorato con Soldati, curando la fotografia degli interni, mentre Arturo Gallea si è occupato delle riprese esterne. Nel 1942 Montuori ricevette il premio che il Minculpop, nell'intento di promuovere il cinema italiano, destinava annualmente ai collaboratori tecnici della cinematografia[3].
Alla fine del secondo conflitto mondiale, Montuori entra a pieno titolo nella nuova corrente neorealista, stringendo, in particolare, un duraturo sodalizio con Vittorio De Sica, firmando la fotografia di diversi capolavori di tale regista quali Ladri di biciclette, L'oro di Napoli e Il tetto. Altrettanto significativa la sua collaborazione a diverse pellicole realizzate negli anni cinquanta da Zampa, tra cui Anni difficili. Montuori seguirà ancora per un ventennio le sorti del cinema italiano, collaborando con registi come Castellani, Germi, Steno, Comencini e Risi.
^A. Lorenzi, Milano, il nostro secolo: Letteratura, teatro, divertimenti e personaggi del '900 milanese, Bramante, 1969, p. 87
^Blasetti produsse direttamente il film, lanciando una sottoscrizione pubblica e fondando una cooperative di produzione. Ma la pellicola, oggi quasi del tutto perduta, pur lodata dalla critica (e anche del Regime), non ebbe i favori del pubblico. La ricostruzione di questa vicenda si trova in Cinema, grande storia illustrata, citato in bibliografia.
articolo apparso sul n. 2 - giugno 1941 - del mensile Primi piani
Filmlexicon degli autori e delle opere. Roma, Edizioni di Bianco e Nero, 1961, ISBN non esistente
Silvio D'Amico, Enciclopedia dello Spettacolo vol. VII, Roma, Unedi, 1975. ISBN non esistente
Cinema. La grande storia illustrata. volumi I e II. Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1981, ISBN non esistente
Gianni Canova, Enciclopedia del cinema, Milano, Garzanti, 2005, ISBN 88-1150-516-X.
Storia del cinema italiano. volume VI (1940 - 1944), Venezia, Marsilio, e Roma, Edizioni di Bianco e nero, 2010, ISBN 978-88-317-0716-9, capitolo Il contributo dei direttori della fotografia di Stefano Masi, pag. 333.