Critica letteraria marxista è un termine che indica la critica letteraria influenzata dal pensiero filosofico e politico marxista. La sua storia risale alla nascita del marxismo stesso, infatti sia Karl Marx e Friedrich Engels erano appassionati lettori (Marx leggeva molto Shakespeare, come anche le opere a lui contemporanee, per esempio quelle di Heinrich Heine). Nel ventesimo secolo, molti dei più importanti autori e filosofi marxisti sono stati anche critici letterari, come György Lukács, Lev Trotsky, Raymond Williams, Antonio Gramsci e Fredric Jameson.
Il critico letterario inglese Terry Eagleton definisce la critica marxista in questo modo:
"La critica marxista non è meramente una 'sociologia letteraria', intesa cioè come i romanzi sono pubblicati o se essi coinvolgono la classe operaia. Il suo obiettivo è quello di spiegare l'opera letteraria più approfonditamente; e questo significa una considerevole attenzione ai suoi stili, significati e forme. Ma questo significa anche comprendere questi stili, significati e forme come il prodotto di un particolare processo storico"[1]
Il più semplice obiettivo della critica letteraria marxista può includere una valutazione della tendenza politica di un'opera letteraria, determinando se il suo contenuto sociale o la sua forma letteraria sia "progressista"; comunque, questo non è necessariamente l'unico obiettivo. Da Walter Benjamin a Fredric Jameson, i critici marxisti si sono inoltre occupati di applicare lezioni tratte dal campo dell'estetica a quello della politica, come deriva dalla teoria critica della Scuola di Francoforte. Inoltre, la critica letteraria marxista può essere considerata anche come "una correlazione fra la critica letteraria sociologica e una critica letteraria storicista". Due sono i concetti principali di questo tipo di critica: il realismo, ovvero la riproduzione realistica della società d'una volta e la tipicità, ovvero l'insieme dei tratti della società e il comportamento dei personaggi in determinate situazioni.[senza fonte]