L'espressione "dialetti mediani", indica un gruppo di dialetti italoromanzi parlati in una fascia dell'Italia centrale che interessa la maggior parte del Lazio, tutta l'Umbria e la zona centrale delle Marche, oltre a piccole aree della Toscana e dell'Abruzzo.
L'espressione area mediana viene sovente utilizzata per indicare in senso stretto la fascia sud-orientale dei dialetti mediani, nel qual caso l'altra fascia, più prossima alla Toscana, viene invece indicata come area perimediana. Le due aree sono divise dalla linea Ancona-Roma.
È un dialetto mediano il romanesco, che ha subito un'influenza da parte del toscano a partire dal Rinascimento, ed ha perduto molte delle caratteristiche mediane del romanesco antico.
Ad eccezione del margine meridionale, l'Area Mediana è caratterizzata dal contrasto tra /-u/ e /-o/ in fine di parola, che la distingue sia dall'Area Perimediana che dall'Italoromanzo meridionale. Un'altra isoglossa che corre lungo il confine tra le due aree, ma spesso lo oltrepassa in una direzione o nell'altra, è quella della sonorizzazione postnasale, come in [manˈt̬ellu]. Questa caratteristica è condivisa dall'Area Mediana con l'Italoromanzo meridionale.
L'Area Mediana è caratterizzata dai seguenti fenomeni:
Nella maggior parte dell'area, le vocali medie sono innalzate di un grado d'apertura se la sillaba seguente contiene /u/ o /i/. Il fenomeno è noto come 'Metafonesi sabina'. Si vedano gli esempi seguenti dal dialetto di Ascrea:
In alcune zone, la metafonesi esita nella dittongazione per le vocali semiaperte, mentre le semichiuse si innalzano regolarmente a /i, u/. Si vedano gli esempi seguenti, dal dialetto di Norcia:
Questo era anche il caso dell'antico romanesco, che aveva alternanze quali /ˈpɛde, ˈpjɛdi/.
Tra i mutamenti fonologici (o l'assenza degli stessi) che distinguono l'interezza o la maggior parte dei dialetti mediani da quelli toscani vi sono i seguenti, molti dei quali sono condivisi con l'Italoromanzo meridionale:
Passaggio di /λλ/ toscano a /jj/, come in mulier > [ˈmoλλe] > [ˈmojje], fenomeno rilevato a Roma già nel 1700.
Hanno invece una diffusione limitata nell'Area Mediana i seguenti fenomeni:
Intorno a Cervara di Roma vigono le condizioni vocaliche dette appunto cervarole, ove /-u/ finale resta tale se la tonica è /a/, /i/ o /u/, altrimenti passa a /-o/.
Nell'Area Mediana distinzione tra maschili contabili e maschili non contabili "neutri". Questi sono caratterizzati da /-o/ finale piuttosto che /-u/, più comunemente negli articoli, nei determinanti e nei pronomi: a Rieti [lo ˈviːnu] ma [lu ˈfjoːre], [ello ˈviːnu] ma [illu ˈfjoːre], [lu] (pron. ogg. maschile) ma [lo] (pron. ogg. neutro), a Nemi [o ˈgraːnu] ma [u ˈpraːtu]). In zone dell'Umbria e delle Marche il contrasto si trova anche nei sostantivi: a Norcia [lo ˈfɛːro] "il ferro (materiale)" ma [lu ˈfjeːru] "l'attrezzo di ferro". Questa distinzione si riflette secondariamente in vari modi pure quando cessa primariamente: a Nocera Umbra [el ˈfɛrro] ma [el ˈvjento], a Sonnino [lo ˈsaːle] ma [jo ˈtiːto]. L'origine del fenomeno è dibattuta.
In parte dell'Area Mediana, sotto una linea che va da Roma a Rieti e Norcia, la terza persona plurale esce esce, nei verbi non di prima coniugazione, in /-u/ (piuttosto che /-o/), il che causa metafonesi. Es. lat. vēndunt > a Leonessa[ˈvinnu].
Nella stessa area e contesto, degli irregolari di prima coniugazione hanno anch'essi /-u/ (piuttosto che /-ɔ/ o /-ɔnno/ come altrove, in Toscana e nell'Area Perimediana/-anno/). Alcuni esempi sono [au, dau, fau, vau] 'hanno, danno, fanno, vanno'.
I nomi della quarta declinazione sono stati spesso conservati. Es. lat. manum, manūs > Fabrichese[ˈmaːno] (invariabile) e il lat. fīcum, fīcūs > Canepinese[ˈfiːko] (invariabile).
Il plurale neutro latino in -a è più vitale che in Toscana, es. lat. olīvētum, olīvēta > Roiatese[liˈviːtu, leˈveːta]. Spesso è esteso anche a nomi, pur sempre inanimati, ma originariamente maschili, es. lat. hortum, hortī > Segnese[ˈᴐrto, ˈᴐrta]. In alcuni dialetti tali plurali sono grammaticalmente maschili (es. Perugino[i ˈbrattʃa] "le braccia").
Dove è grammaticalmente femminile, a volte è regolarizzato come tale: Spoletino [ˈlabbru, ˈlabbre] 'labbro, labbra'. Entrambi gli esiti possono alternarsi in uno stesso dialetto, es. Treiese[ˈᴐːa~ˈᴐːe] 'uova'.
Il plurale neutro latino /-ora/, come in tempora, è stato esteso largamente nel medioevo, ma oggi ha un areale ristretto a zone quali Serrone, dove si trovano casi [ˈraːmo, ˈraːmora] 'ramo'.