Emmanuele o Emanuele è un nome che compare nelle profezie di Isaia (Is 7,14[1], Is 8,8-10[2]), e che il vangelo di Matteo applica a Gesù. Significa "Dio (è) con noi" e proviene dall'ebraico Immanu'el, cioè עִמָּנוּאֵל, composto dalle parole: אל (El, che significa "Elohim") e עמנו (Immanu, cioè "con noi").
Il Regno di Giuda era minacciato dalla coalizione siro-efraimita e il suo re, Acaz, si appellò all'Assiria anziché affidarsi alle promesse fatte da Dio a Davide. Il testo di Isaia promette l'aiuto divino contro l'Assiria purché i giudei si astengano dall'idolatria e dalle ingiustizie, altrimenti l'Assiria diventerà lo strumento della punizione divina.
Secondo il Giudaismo la profezia di Isaia in Is 7,14-17[3] deve essere riferita solo a un bimbo nato durante il regno del re Acaz, al quale venne fatta la profezia. Essa perciò non si riferirebbe anche al Messia.[4] Sull'identità del bambino non ci sono certezze[5]. Secondo alcuni potrebbe essere un figlio di Acaz, ad esempio Ezechia[6], che governò il Regno di Giuda dopo di lui. Secondo i calcoli di Rashi, però, Ezechia aveva già nove anni al momento della profezia. Egli perciò suggerì che il versetto si riferisse a un figlio dello stesso Isaia.
A partire dal vangelo di Matteo il cristianesimo ha ritenuto che la profezia di Isaia riguardasse il Messia (di cui parla Isaia in altre profezie) e il particolare rapporto di vicinanza fra Dio e l'umanità prefigurato dall'Arca dell'Alleanza e dal Tempio di Gerusalemme, ma realizzatosi completamente solo con l'Incarnazione.
Questa convinzione nasce da diversi fattori:
Al di là dei risultati di questa analisi testuale, sulla quale ovviamente non concordano i non cristiani, la convinzione cristiana è basata sul vangelo (Mt1,23[12], che cita Is 7,14 e Mt4,15-16[13], che cita Is 8,23 e 9,1) ed è stata adottata dai padri della Chiesa, fra cui: Ireneo, Lattanzio, Epifanio di Salamina, Giovanni Crisostomo, e Teodoreto.
Il testo letterale della profezia ("Dio con noi") e il fatto che fosse stata formulata in una circostanza di conflitto politico-militare hanno determinato la tendenza di alcuni paesi (Svezia, Prussia e Germania) ad utilizzarne le parole come un'affermazione della giustezza della propria causa e perciò come una richiesta del favore divino per il proprio esercito in guerra (cfr. Gott mit uns).
Secondo alcuni biblisti, invece, l'applicazione della profezia di Isaia a Gesù, pacifico sino ad accettare la morte in croce, sarebbe stata introdotta nel vangelo di Matteo in contrapposizione agli zeloti ebrei, che nel I secolo interpretavano il Messia solo come un capo militare che avrebbe dovuto liberare Israele dal dominio romano. La vicinanza divina, cioè, non dovrebbe mai essere intesa come appoggio ad una parte politica, ma solo come presenza reale nel cuore del fedele.