Fabrizio Santafede (Napoli, 1555 circa[1] – Napoli, 1626[1]) è stato un pittoreitaliano, dell'epoca manierista e proto-barocca, considerabile come uno dei più importanti della scena napoletana negli anni precedenti all'arrivo del Caravaggio in città.
Allievo dell'artista senese Marco Pino, che operò a Napoli nell'ultima parte della sua vita, tra il 1580 e il 1600 i suoi dipinti risentirono dell'impronta manierista tosco-veneta, calibrata e addolcita negli anni da un recupero di modelli lontani nel tempo, tanto da fargli meritare il "plauso universale, sì che ne fu chiamato il Raffaello napoletano".[3]
Nel 1593 il pittore - forse il maggiore del momento a Napoli, se appena un anno prima, per dirla col Previtali, «appare assunto nell'Olimpo degli arrivati», con la commissione dell'Annunciazione di Santa Maria de La Vid, a Burgos[4] - eseguiva per la cappella Medici di Gragnano, nella chiesa napoletana dei Santi Severino e Sossio, la ben conosciuta tavola della Madonna col Bambino e i santi Benedetto, Mauro e Placido.[5] Le molteplici esperienze formative del pittore, da Marco Pino (attivo in passato per la stessa chiesa) a Raffaello, fino al manierismo internazionale, neo-parmigianesco di Francesco Curia, paiono qui raggiungere una loro unitaria convergenza, e a livello assai nobile di qualità. Osserviamo i personaggi inseriti in una equilibrata scenografia, di poche e solide figure solennemente atteggiate in primo piano, che non lasciano alcuno spazio ad elementi secondari quali il paesaggio. È chiaro che siamo di fronte ad un tentativo di interpretare le immagini sacre con serietà contro-riformata di linguaggio, ma in modo accostante e 'domestico', vicino alla religiosità dei devoti.
In seguito il nostro si avvicinò allo studio dell'opera del Caravaggio e a quella di altri toscani come Santi di Tito e Domenico Crespi detto il Passignano.
Tra le altre tele di rilievo vanno menzionate L'incoronazione della Vergine (1601-02) nella Chiesa di Santa Maria la Nova, la Madonna e Santi (1606) a Monteoliveto, e le opere commissionate da privati come I figli di Zebedeo davanti a Cristo (1625) ai Gerolamini e la Lavanda del Bambino, tela menzionata da Bernardo De Dominici nel 1742. Di probabile sua attribuzione sarebbe la Madonna con angeli e san Bonaventura, san Francesco e Ludovico d'Angiò opera collocata sull'altare maggiore nella Chiesa di San Bonaventura (Napoli) situata in via San Giovanni Maggiore Pignatelli.
Lavorò anche in altre città dell'Italia meridionale, ma anche al Nord e in Spagna.
^ Giovanni Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel vicereame, Torino, Einaudi, 1978, p. 110. Nel biennio 1591-1592 il pittore collaborò con Girolamo Imparato, Wenzel Cobergher e Giovan Battista Cavagna alla realizzazione di un gruppo di tele commissionate da don Juan de Zùñiga conte di Miranda, viceré dal 1586 al 1594, destinate all'altare maggiore della chiesa di Santa Maria de La Vid, un minuscolo villaggio sito a poca distanza da Aranda de Duero, in Castiglia (a sud di Burgos). La chiesa era stata scelta sin dagli anni trenta del Cinquecento come luogo di sepoltura per la famiglia da un illustre antenato del viceré di Napoli, don Íñigo Lòpez de Mendoza. La paternità al Santafede, la data e la notizia della commissione dell'Annunciazione da parte del viceré si ricava dall'iscrizione che corre sul gradino marmoreo nella tela.
^Dimensioni 270x190 cm, siglata sul gradino, in basso a destra, Fabr(itius) S(ancta) Fede 1593. L'attribuzione della pala a Fabrizio Santafede si trova registrata per la prima volta in Camillo Tutini (1664), che la giudicò "pittura assai degna". Camillo Tutini, De' pittori, scultori, architetti, miniatori e recamatori napoletani, ms del 1664 ca, ed. a cura di Benedetto Croce, Il manoscritto di Camillo Tutini sulla storia dell'arte napoletana, in Napoli Nobilissima, s. I, VII, n. 8, 1898, p. 126, SBNIT\ICCU\NAP\0580067. Si ricordi a titolo di cronaca l'invenzione nel vicino 1588, in un sepolcro posto nel coro di San Giovanni a Messina, dei corpi di San Placido, dei due fratelli e della sorella. C. Colafranceschi, Placido, in Bibliotheca sanctorum, vol. X, Roma 1968, col. 949. Sulla cappella Medici si veda: Lawrence d'Aniello, La cappella Medici di Gragnano nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, in "Napoli Nobilissima", 5, vol. 6, fasc. 1/4, genn.-ago. 2005, SBNIT\ICCU\NAP\0525433.
Giovanni Battista Gennaro Grossi, Le belle arti, Napoli, Tipografia del giornale enciclopedico, 1820, pp. 91-92. URL consultato il 17 dicembre 2015.
Adolfo Venturi, Storia dell’arte italiana. La pittura del Cinquecento, vol. IX, parte quinta, Milano, 1932, pp. 746-748, SBNIT\ICCU\RMS\0186380.
Giovanni Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel vicereame, Torino, Einaudi, 1978, p. 120, SBNIT\ICCU\RAV\0079351.
Concetta Restaino, La giovinezza di Fabrizio Santafede, in «Prospettiva», 1989-1990, 57-60, Scritti in ricordo di Giovanni Previtali, vol. II, pp. 95–96.
Pierluigi Leone De Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli (1573-1606), 3 (L’ultima maniera), Napoli, Electa, 2001 [1991], p. 262, ISBN88-510-0017-4, SBNIT\ICCU\NAP\0014086.
Francesco Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale, 3 (Il Cinquecento), Roma, Donzelli, 2001, p. 233, ISBN88-7989-653-9.