La 9ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 26 giugno al 7 luglio 1959, con lo Zoo Palast come sede principale.[1] Direttore del festival è stato per il nono anno Alfred Bauer.
L'Orso d'oro è stato assegnato al film francese I cugini di Claude Chabrol.
Il film di apertura del festival è stato E ciò al lunedì mattina di Luigi Comencini.[2]
In questa edizione sono stati assegnati per la prima volta gli Jugendfilmpreis, premi destinati ai migliori film, documentari e cortometraggi per i giovani.[3] Questi riconoscimenti continueranno ad essere assegnati fino a fine anni sessanta e solo nel 1978 sarà inclusa nel programma del festival una vera e propria sezione dedicata al cinema per ragazzi (Kinderfilmfest).[4]
La retrospettiva di questa edizione è stata dedicata ai capolavori internazionali dei primi anni del cinema sonoro.[5]
Giunta alla sua 9ª edizione la Berlinale registrò un numero record di visitatori, tra giornalisti, delegati, produttori, politici e celebrità, e un programma più internazionale che mai.[6] Il successo in realtà non era affatto prevedibile, anche perché dopo l'ultimatum di Chruščёv del 1958 la città era ancora immersa nella "seconda crisi di Berlino".[1]
L'accresciuto interesse internazionale fu comunque visto come un segnale che il festival si era ormai svincolato dal destino politico di Berlino come "città in prima linea". I film provenienti dall'Europa dell'Est continuarono ad essere assenti ma i contatti informali con la DEFA si stabilizzarono e le visite negli studi di Babelsberg a Berlino Est diventarono normali per gli operatori del settore cinematografico durante il festival.[1] Inoltre l'Unione Sovietica venne invitata, ma si rifiutò di partecipare perché considerò le autorità della Germania Ovest "non competenti" nella scelta del settore ovest di Berlino come sede del festival.[7]
Oltre a celebrità tedesche come Hardy Krüger, Helmut Käutner, Hildegard Knef e Karin Baal,[8] tra le moltissime star internazionali furono presenti Elia Kazan, Rita Hayworth, David Niven, Esther Williams, Van Heflin, Jean Renoir, Michiko Tanaka e Sophia Loren.[9][6][10] A proposito del suo arrivo a Berlino col marito Carlo Ponti, La Stampa riportò di «tumulti di ammiratori e zuffe selvagge fra poliziotti e fotografi».[11]
Davanti a un pubblico giunto da oltre 30 nazioni vennero proiettati 28 film,[12] tra i quali furono particolarmente apprezzati Il villaggio sul fiume di Fons Rademakers, La caída di Leopoldo Torre Nilsson e La fortezza nascosta di Akira Kurosawa, che si aggiudicò l'Orso d'argento per il miglior regista e il Premio FIPRESCI.[1]
Il film tedesco presentato quest'anno, Il resto è silenzio, contrariamente alle aspettative non ottenne nessun riconoscimento. Definito da Walther Schmieding sul Ruhr Nachrichten «l'avventura più grande e ambiziosa» tra le pellicole presentate al festival e favorito della critica per uno dei premi principali,[1] il film di Helmut Käutner uscì a mani vuote nonostante le ottime recensioni.[2]
Anche se quest'anno il programma del festival ottenne l'approvazione generale, alla conclusione si svolse un dibattito sul possibile miglioramento del processo di selezione.[1] Dal momento che questa veniva fatta nei vari Paesi e le possibilità di rifiutare un film già nominato erano limitate,[10] Il direttore Alfred Bauer espresse il desiderio di lavorare più a stretto contatto con i corrispondenti esteri, per vedere i film in anticipo e incidere maggiormente sulla scelta delle pellicole. Per il momento questo tentativo fallì, soprattutto a causa di problemi di budget dato che Bauer aveva sempre giustificato a fatica la dimensione del bilancio al Senato di Berlino e il suo tentativo di ottenere un aumento sostanziale di fondi non ebbe successo.[1][10]
La rivista Film in Berlin aveva da poco pubblicato un breve saggio sulla Nouvelle vague e le sue origini scritto dal giornalista Alexandre Alexandre, uno dei primi articoli tedeschi a porre l'attenzione su registi quali François Truffaut, Jean-Luc Godard, Claude Chabrol e Louis Malle.[13] Proprio Truffaut aveva di recente catturato l'attenzione con I quattrocento colpi e Alfred Bauer ne era rimasto impressionato, tanto che affidò a Alexandre la preselezione dei film francesi per il festival. In una lettera del 13 aprile 1959 considerò con attenzione quelli proposti, che includevano Orfeo negro di Marcel Camus, Hiroshima mon amour di Alain Resnais, Furore di vivere di Michel Boisrond e Perché sei arrivato così tardi? di Henri Decoin.[13] Lo stesso Bauer fece entrare in gioco altri due film: Il giorno della violenza di Géza von Radványi e Le voyage en ballon di Albert Lamorisse.[13]
Nessuno di questi film venne invitato a Berlino, mentre venne scelto I cugini di Chabrol, a cui la giuria presieduta da Robert Aldrich assegnò l'Orso d'oro.[10]
Dopo il premio per la miglior regia assegnato pochi mesi prima a Truffaut proprio per I quattrocento colpi al Festival di Cannes, la vittoria di Chabrol fu l'ennesimo segno della consacrazione della Nouvelle Vague, i cui esponenti sarebbero stati ospiti regolari della Berlinale con i loro film negli anni successivi.[1]
Un motivo di controversia fu il documentario tedesco Paradies und Feuerofen, un reportage sullo stato di Israele realizzato da Herbert Viktor.[2] In una lettera inviata l'8 aprile 1959 al Senato di Berlino, la casa di produzione Internationale Fernseh-Agentur affermò che si sarebbe dovuto fare di tutto per consentire una proiezione del film, sottolineando come il documentario fosse stato realizzato allo scopo di «contribuire alla comprensione e all'amicizia tra le nazioni e soprattutto di risvegliare nei tedeschi, dopo le esperienze tormentante del passato, una nuova intesa con il popolo ebreo senza offendere i sentimenti di altri gruppi».[14]
Il capo della sezione cinematografica di Berlino, Herbert Antoine, criticò il rating di "altamente raccomandabile" conferito al film dalla FBW, autorità federale per la valutazione e la classificazione dei film che lo aveva trovato eccezionale nella sua "forma drammaturgicamente ben pensata".[14] Sia Antoine che il Senato di Berlino sottolinearono che il film era troppo soggettivo, trovando alcune sequenze «arbitrarie e non sempre dettate dal miglior gusto», e si opposero alla sua partecipazione temendo le proteste dagli israeliani.[14] La commissione di selezione si trovò quindi in difficoltà ma alla fine i sostenitori del film furono in grado di affermarsi: non solo Paradies und Feuerofen venne accettato nella sezione "Documentari e cortometraggi", ma si aggiudicò anche il premio OCIC conferito dall'Organizzazione Cattolica Internazionale del Cinema.[14]
Le proteste internazionali non si fecero attendere a lungo: sul quotidiano arabo Al-Alam ci furono molte polemiche con riferimenti anche al problema della Palestina, ma soprattutto fu annunciato che Paradies und Feuerofen non sarebbe uscito in Israele dopo che era stato visionato da un gruppo di autorità tra cui il Presidente Itzhak Ben-Zvi, il Primo ministro David Ben Gurion e il ministro degli esteri Golda Meir.[14] L'11 agosto 1959 il quotidiano Der Tag riassunse: «Con questa decisione, la tanto temuta risposta è stata data a una domanda riguardante tutti i tedeschi: quale beneficio potrebbe provenire da un film su Israele quando è stato fatto dai tedeschi?».[14]