«Non è tanto il conflitto domestico o la battaglia dei sessi il punto focale di questi nuovi film diretti dalle donne, ma le donne stesse, sia davanti che dietro la macchina da presa: una prospettiva femminile spesso difficile da comprendere per gli uomini, una nuova autostima femminile.»
Il 1975 si rivelò un anno fortunato per la Berlinale sotto molti punti di vita. Dopo che il primo film sovietico presentato l'anno precedente sembrava aver "rotto il ghiaccio" della guerra fredda, il programma di questa edizione incluse film provenienti da quasi tutti gli stati socialisti, tra cui per la prima volta la Germania Est, e fu considerato dagli osservatori il più notevole da molti anni a questa parte.[1] Tra i film più apprezzati, oltre al vincitore dell'Orso d'oro, ci furono Kdo hledá zlaté dno di Jiří Menzel, Bilancio trimestrale di Krzysztof Zanussi e Jakob il bugiardo di Frank Beyer, che fruttò l'Orso d'argento all'attore Vlastimil Brodský. Le impasse politiche e i conflitti programmatici del passato sembrarono aver trovato soluzioni costruttive e dopo anni di forzata auto-limitazione il festival inaugurò una nuova era.[1]
Il film di Márta Mészáros fu esemplare anche di una forte presenza femminile in questa edizione, sia nelle storie raccontate sia dietro la macchina da presa. In un articolo su Die Zeit il giornalista e futuro Direttore del festival Wolf Donner proclamò il 1975 "anno della donna" e il programma del Forum internazionale del giovane cinema ne fu una riprova.[1][4] Con film come quelli di Chantal Akerman, Ingemo Engström, Yvonne Rainer e del "Red Sisters Collective" (Mette Knudsen, Elisabeth Rygaard e Li Vilstrup), emerse una generazione di registe che mise in discussione le strutture patriarcali della Berlinale. Non a caso, durante il festival alcune attiviste femministe distribuirono un volantino chiedendo «la parità di genere in tutti i comitati di selezione», la promozione di «film che attirassero l'attenzione sulla materia dello sfruttamento sessuale delle donne e sostenessero la loro lotta per la liberazione» e «un'analisi dell'immagine sessista della donna nei film cosiddetti di sinistra o progressisti».[1]
Altre presenza femminili furono Claudia Cardinale, che consegnò i premi principali, e Gina Lollobrigida in veste di fotografa, con una rassegna organizzata in una galleria sulla Jebenstrasse e il corto Ritratto di Fidel, un documentario-intervista a Fidel Castro proiettato fuori concorso durante il festival.[3][5]
Premio OCIC: Bilancio trimestrale di Krzysztof Zanussi Raccomandazioni: Adozione di Márta Mészáros, Dar Ghorbat di Sohrab Shahid Saless e Sandokan numero 8 di Kei Kumai Premio OCIC (Forum): Matti da slegare di Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli Raccomandazioni (Forum): Viburno rosso di Vasilij Šukšin, Lina Braake di Bernhard Sinkel e Familienglück di Ingo Kratisch e Marianne Lüdcke
Premio CIDALC: Adozione di Márta Mészáros
Premio UNICRIT: Amore e guerra di Woody Allen
Premio INTERFILM Otto Dibelius:[8]Adozione di Márta Mészáros e Operazione Overlord di Stuart Cooper Raccomandazioni: Vacanze di sangue di Yves Boisset, Dar Ghorbat di Sohrab Shahid Saless e Jakob il bugiardo di Frank Beyer Premio INTERFILM (Forum): La recita di Theo Angelopoulos e Lina Braake di Bernhard Sinkel Raccomandazioni (Forum): Viburno rosso di Vasilij Šukšin e Duvidha di Mani Kaul