Il poliziottesco, conosciuto anche come poliziesco all'italiana, è stato un genere cinematograficoitaliano in voga fra la metà degli anni sessanta ed i primi anni ottanta del XX secolo, che ha toccato il culmine alla metà degli anni settanta. Le tematiche si basavano generalmente su indagini di polizia che prendevano sovente spunto da fatti di cronaca nera dell'epoca per svilupparli in chiave enfatica, spesso in senso critico o demagogico.
La genesi del poliziottesco è legata principalmente a uno tra i generi di maggior diffusione nel mondo cinematografico, cioè il poliziesco. La prima produzione italiana ascrivibile a questo genere risale agli albori del cinema sonoro, con la pellicola di Guido BrignoneCorte d'Assise: si tratta di un dramma di ambientazione giudiziaria interpretato da Elio Steiner e Lya Franca, secondo film sonoro italiano ad essere distribuito nelle sale cinematografiche (il primo fu il sentimentale La canzone dell'amore) nel gennaio del 1931.
Il poliziottesco italiano è pesantemente imparentato con alcuni coevi omologhi film statunitensi, che proponevano figure di tutori della legge intransigenti, spesso violenti e immersi in una realtà urbana degradata: il Serpico di Al Pacino, l'ispettore Callaghan di Clint Eastwood, il tenente Bullitt di Steve McQueen, il tenente Parker di John Wayne e il poliziotto "Popeye" interpretato da Gene Hackman ne Il braccio violento della legge. In Italia il genere raggiungerà il suo culmine con la figura del commissario di ferro, atletico e tutto d'un pezzo, interpretato da Maurizio Merli, celebre soprattutto per la cosiddetta Trilogia del commissario Betti. Il poliziottesco rispecchiava le realtà urbane italiane dell'epoca e conteneva riferimenti ricorrenti a tematiche di cronaca: criminalità organizzata, traffico d'armi, prostituzione, terrorismo, spaccio e consumo di droga, rapine, sequestri di persona, criticità del sistema giudiziario, molte delle quali ancor oggi di attualità.
I protagonisti dei poliziotteschi sono quasi sempre commissari di polizia sui generis: incompresi dai propri superiori, talora anarcoidi ma essenzialmente onesti, spinti da sincera generosità e da una innegabile dedizione alla propria missione di giustizia. Di indole violenta, essi sono quasi sempre inclini, per raggiungere i propri scopi, a utilizzare gli stessi metodi e ad abbassarsi allo stesso livello dei delinquenti e dei terroristi che si proponevano di combattere, e che insanguinavano l'Italia negli anni di piombo. Per nulla moralisti, distinguono spesso tra chi ruba per vivere (arrivando a tollerarlo) e chi intende apertamente danneggiare il prossimo.
Più raramente, il ruolo di protagonisti era affidato a comuni cittadini che, dopo esser stati vittime di qualche episodio criminoso (rapine, pestaggi, sequestri, omicidi di persone care) e aver toccato con mano le inefficienze dell'ordinamento giuridico italiano, decidono di farsi giustizia da sé, divenendo una sorta di vendicatori, agendo talora essi stessi con metodi criminali, e subendo perciò la sanzione delle forze dell'ordine. Esempi di questo tipo sono Il cittadino si ribella, Il giustiziere sfida la città e L'uomo della strada fa giustizia.
Un importante sottogenere, che riscosse almeno altrettanto successo di pubblico, fu il poliziottesco comico, lanciato dal personaggio, nato nel 1976 da un'idea di Bruno Corbucci e Mario Amendola, di Nico Giraldi detto "Nico er Pirata", il colorito poliziotto, connotato da una forte carica romanesca, interpretato da Tomas Milian e doppiato da Ferruccio Amendola. La saga del commissario Giraldi non va confusa con quella che ha per protagonista il "delinquente buono" Sergio Marazzi detto Er Monnezza, sempre interpretato da Tomas Milian (ed anch'esso doppiato da Ferruccio Amendola), caratterizzato anch'egli da una spiccata romanità, i cui film, pur avendo anch'essi alcune componenti comiche, vanno però annoverati come poliziotteschi drammatici.
Il poliziottesco comico annovera una vena napoletana con il commissario Rizzo detto "Piedone", interpretato da Bud Spencer (film a metà strada tra la commedia e il poliziesco).
Benché talvolta classificata come poliziottesca, la cosiddetta Trilogia del milieu, diretta da Fernando Di Leo (in cui i protagonisti sono dei criminali), presenta caratteristiche per lo più del noir e del thriller.
La differenza stilistica tra il poliziottesco e il poliziesco/noir è da individuare nella predilezione per l'azione e la violenza, entrambe piuttosto spiccate ed esplicite. Inoltre, il titolo è quasi sempre riferito all'impressione che si tratti più di un film che narra di poliziotti e della loro aura di vendicatori, piuttosto che di film imperniati su indagini e con un finale rassicurante in cui la legge vince sulla delinquenza, scelta, quest'ultima, diffusa nei film a carattere poliziesco dell'epoca, anche se con alcune eccezioni.
Il poliziottesco appare talvolta come un sottogenere di commistione tra molti generi "adulti", tra cui il noir, l'horror (talvolta con un notevole apporto splatter, genere in auge in Italia già alla metà degli anni sessanta e mutuato da autori quali Dario Argento, Mario Bava e Lucio Fulci) e una metamorfosi dello spaghetti-western, dal quale provengono registi ed attori. La contaminazione del western all'italiana si evince principalmente dalla visione da far west che in questo periodo storico veniva data alle realtà urbane italiane, dove per lo più i film erano ambientati.
In generale, la critica italiana dell'epoca non amava il genere poliziottesco: spesso i film venivano infatti accusati di veicolare messaggi "reazionari" di fascismo, di qualunquismo politico, di critica dell'ordinamento giuridico e di apologia della violenza e della giustizia sommaria. Gli articoli dedicati a queste opere erano spesso marginali, e sempre in tono dispregiativo e muovevano agli autori la critica di proporre storie e personaggi sempre uguali a sé stessi.
A partire dalla metà degli anni novanta, anche grazie a riviste di genere come Nocturno e Cine 70, il genere è stato rivalutato: tra i suoi sostenitori, il regista Quentin Tarantino ha in più occasioni ribadito il suo apprezzamento e il suo debito nei confronti dei film e dei registi del poliziottesco.[1]
^ Valeria Gandus, Poliziottesco a mano armata, su Panorama.it, 4 ottobre 2004. URL consultato il 7 novembre 2021 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2012).
Daniele Magni e Silvio Giobbio "Ancora più... Cinici infami e violenti - Dizionario dei film polizieschi italiani anni '70", Bloodbuster Edizioni, 2010, ISBN 978-88-902087-4-4
Giovanni Buttafava, "Procedure sveltite", in "Il Patalogo Due. Annuario 1980 dello spettacolo, Volume secondo - Cinema e televisione"*, Ubulibri/Electa, 1980
Antonio Tentori, Antonio Cozzi, "Italia a mano armata: Libro del cinema poliziesco italiano", Profondo Rosso Edizioni, Roma, 2010
Federico Patrizi, "Italia calibro 9. Tutto il cinema poliziottesco made in Italy", Mondo Ignoto Edizioni, Roma, 2010
Fabrizio Luperto, "Il Cinema calibro 9. Guida al poliziottesco, Manni Edizioni, Roma, 2016
Paolo Spagnuolo, Milano odia. La polizia non può sparare. Storia di un cult nell'Italia degli anni settanta, Milieu, Milano, 2018, ISBN 978-8831977012.
Gordiano Lupi, Il trucido e lo sbirro, Edizioni Profondo Rosso, Roma, 2001, ISBN 88-89084-50-2