Francesco Paolo Bonifacio | |
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Presidente della Corte costituzionale | |
Durata mandato | 23 febbraio 1973 – 25 ottobre 1975 |
Predecessore | Giuseppe Chiarelli |
Successore | Paolo Rossi |
Ministro di grazia e giustizia | |
Durata mandato | 12 febbraio 1976 – 21 marzo 1979 |
Presidente | Aldo Moro Giulio Andreotti |
Predecessore | Oronzo Reale |
Successore | Tommaso Morlino |
Senatore della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 5 luglio 1976 – 1º luglio 1987 |
Legislatura | VII, VIII, IX |
Gruppo parlamentare | Democratico Cristiano |
Circoscrizione | Campania |
Incarichi parlamentari | |
IX
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Sito istituzionale | |
Giudice della Corte costituzionale della Repubblica italiana | |
Durata mandato | 25 ottobre 1963 – 25 ottobre 1975 |
Predecessore | Giuseppe Cappi |
Successore | Leopoldo Elia |
Tipo nomina | Elezione da parte del Parlamento in seduta comune |
Dati generali | |
Partito politico | Democrazia Cristiana |
Professione | Docente universitario |
Francesco Paolo Bonifacio (Castellammare di Stabia, 3 maggio 1923 – Roma, 14 marzo 1989) è stato un politico e giurista italiano, presidente della Corte costituzionale dal 23 febbraio 1973 al 25 ottobre 1975 e ministro di grazia e giustizia nei governi Moro V, Andreotti III e IV.
Nato nel 1923 a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, fu professore di diritto romano nell'Università degli Studi di Cagliari (1953), passando poi per quelle di Bari e a Napoli fino al 1963, quando fu designato dalla Democrazia Cristiana, come membro laico, al Consiglio Superiore della Magistratura, dal 18 luglio 1959 al 28 ottobre 1963[1].
nominato giudice della Corte costituzionale, di cui fu presidente della Corte dal 23 febbraio 1973 al 25 ottobre 1975. Dal 1976 divenne professore di diritto pubblico generale a Roma.[2]
Ottenne la nomina a giudice costituzionale da parte del Parlamento il 2 ottobre 1963. Il giuramento avvenne alla fine dello stesso mese, il 25 ottobre. Dieci anni più tardi, il 23 febbraio 1973, ne fu eletto presidente, incarico che mantenne per due anni, fino al 25 ottobre 1975.[3] È sotto la sua presidenza che "la Corte compie il primo passo sulla strada che porterà alla depenalizzazione dell'aborto. Con tre anni di anticipo sulla legge numero 194 la sentenza numero 127 del 1975 riconosce che la tutela della salute della madre deve prevalere sulla tutela del concepito, perché non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare. La Corte dichiara quindi incostituzionale l'articolo 546 del Codice penale, in quanto punisce chi cagiona l'aborto di donna consenziente, anche qualora sia stata accertata la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico o per l'equilibrio psichico della gestante. Nel 1976, quando in conseguenza della tragedia di Seveso molte donne incinte vogliono abortire per paura di avere figli menomati, è lo stesso Bonifacio, allora ministro della Giustizia, a chiarire la portata innovatrice della sentenza: basta il parere di un medico perché quelle donne possano interrompere la gravidanza".[2]
A partire dal luglio del 1976 fu senatore per tre legislature (VII, VIII e IX) per la Democrazia Cristiana e fu Ministro di Grazia e Giustizia nel V Governo Moro, dal 12 febbraio al 29 luglio 1976[4] della V Legislatura e con i Governi Andreotti III[5] e IV[6] (VI Legislatura), dal 29 luglio 1976 al 20 marzo 1979; nel successivo Governo Andreotti V, fu sostituito dal senatore Tommaso Morlino. Nell'VIII legislatura, divenne membro della Commissione Giustizia dal 27 luglio 1976 al 23 maggio 1977[7], quando passò alla Commissione Affari Costituzionali del Senato[8]; nella successiva (IX) ne divenne presidente, per l'intera durata della legislatura, cioè fino al 1º luglio 1987.[9]
Non si ripresentò alle elezioni parlamentari per la X legislatura, svoltesi nel 1987, preferendo tornare a insegnare diritto costituzionale all'Università di Roma.
È morto di cancro due anni dopo, nella sua abitazione di Roma.[10]
Il 4 maggio 2011 l'amministrazione comunale della sua città natale gli ha dedicato una piazza nel quartiere San Marco. Nel trentesimo anniversario dalla scomparsa, un convegno tenutosi nella sua città natale ne ha ricordato la vita e l'opera.
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